9 febbraio 2018 - 14:56

Germania, Schulz a sorpresa annuncia: non farò il ministro degli Esteri | E ora che cosa succede?

Il leader del partito socialdemocratico, Martin Schulz, ha ufficializzato la rinuncia alla carica nel prossimo governo Merkel, piegandosi alla pressione del suo partito

di Paolo Valentino, corrispondente da Berlino

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Pochi come i socialdemocratici tedeschi possono cogliere appieno il grido di dolore di Roy Batty, il replicante di Blade Runner: «Ho visto cose che voi umani non potete neppure immaginare». Meno di 48 ore dopo la firma di un patto di coalizione per lei incredibilmente vantaggioso, la Spd è in preda al caos più totale. Un partito sconvolto da una leadership rissosa, privo di una guida, incerto sul da farsi, al buio sui nomi con cui riempire le caselle più importanti della futura Grosse Koalition e ancora una volta preda di quella «Lust am Untergang», la voluttà di affondare che è una cifra della sinistra, non solo in Germania. Eroe negativo e triste della vicenda è Martin Schulz, che dopo aver rinunciato alla presidenza del partito, ieri ha fatto sapere che non sarà ministro degli Esteri nel futuro governo Cdu-Csu e Spd, guidato da Angela Merkel come inizialmente annunciato. Vi è stato costretto, naturalmente. Con un vero e proprio ultimatum, come racconta la Bild, presentatogli dal gruppo dirigente, preoccupato che la sua presenza mettesse in pericolo l’esito del referendum interno sull’accordo, in programma a fine febbraio.

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Le critiche

Schulz era ormai l’elefante nella stanza. Troppi voltafaccia: prima contro, poi a favore della Grande Coalizione; prima a giurare che non avrebbe mai servito in un esecutivo sotto Merkel, poi pronto a esserne il primo ambasciatore. E in mezzo, incapace e anche un po’ sfortunato generale del peggior risultato elettorale nella storia della socialdemocrazia tedesca. In molti Länder, soprattutto nella roccaforte rossa del Nord Reno-Vestfalia, l’annuncio che Schulz sarebbe diventato capo della diplomazia ha provocato una mezza sollevazione. «Dichiaro di rinunciare a far parte del governo federale e con questo spero che cessino immediatamente le speculazioni sui nomi all’interno del partito», ha detto Schulz, spiegando di voler mettere le sue «ambizioni personali dietro gli interessi del partito». Che qualcosa di esplosivo stesse per uscire dalla Willy Brandt Haus, la sede del partito a Berlino, era apparso chiaro giovedì, quando il ministro degli Esteri uscente ed ex capo del partito, Sigmar Gabriel, aveva attaccato ad alzo zero Schulz e la leader in pectore della Spd, Andrea Nahles, accusandoli di mancanza di rispetto e soprattutto di non aver mantenuto la parola data. Gabriel, rimasto fuori dalla lista dei futuri ministri, non ha precisato a cosa si riferisse. Secondo una ricostruzione di Der Spiegel, quando nel gennaio 2017 aveva offerto a Schulz la presidenza della Spd e la candidatura alla cancelleria, questi gli avrebbe promesso che nel caso di una nuova Grosse Koalition sarebbe rimasto al ministero degli Esteri, dove Gabriel stava per sostituire Fank-Walter Steinmeier, già designato alla presidenza della Repubblica.

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Le posizioni nella Spd

L’affondo di Gabriel ha provocato molta irritazione nella Spd. «Ogni tanto bisognerebbe avere la capacità di mettere un freno al proprio ego», ha commentato Kevin Kühnert, il giovane capo degli Jusos, che guida la campagna contro la Grosse Koalition. Ma a spingere Schulz al gran rifiuto è stata soprattutto la rivolta della base. La pressione più grossa sarebbe infatti venuta dal leader del Nord Reno-Vestfalia, Michael Groschek, che si è fatto portavoce della protesta contro i piani di Schulz di entrare nel governo. «Se insiste — avrebbe detto — è un regalo a chi vuol far saltare la Grande Coalizione».

Il futuro

L’uscita di scena dell’ex presidente dell’Europarlamento, che appena un anno fa venne acclamato leader e sfidante di Angela Merkel con un plebiscito turkmeno del 100%, apre tuttavia tanti problemi quanti ne risolve. Chi sarà il ministro degli Esteri? Non è un mistero che Gabriel lo desidera sopra ogni altra cosa. Ma saranno pronti a offrirglielo Andrea Nahles e Olaf Scholz, rispettivamente presidente del partito e futuro ministro delle Finanze, nuovo tandem forte della Spd? Se Gabriel fosse al governo, il loro controllo sarebbe meno che totale. Far chiarezza e da subito sull’«Auswärtiges Amt» non è una pura questione di posti. Ma è indispensabile per dare certezza di riferimenti alla politica estera del primo Paese d’Europa. Resta il destino di Martin Schulz, l’uomo che voleva farsi re ma si è scoperto nudo, entrato in una storia più grande di lui. Forse tornerà in Europa, il luogo che gli ha dato la celebrità, complice una infelice battuta di Silvio Berlusconi. Potrebbe essere un futuro commissario europeo della Germania. E non farebbe neppure male. Ma prima ha di fronte a sé una lunga traversata del deserto.

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