24 febbraio 2018 - 21:27

Trudeau e famiglia in stile Bollywood
«Un disastro totale» la visita in India

Il premier canadese deriso per gli abiti sgargianti e le gaffe diplomaticheA cena invita un ex terrorista sikh e Modi lo riceve solo il penultimo giorno

di Sara Gandolfi

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«E poi arrivò la famiglia Trudeau, e cominciò a dare spettacolo di se stessa». La velenosa frase dell’opinionista John Ibbitson, sul quotidiano The Globe and Mail, è la didascalia migliore alle fotografie scattate durante la visita del premier canadese in India. «Un disastro totale», ha sentenziato il Washington Post.

Disastro d’immagine, innanzitutto. Justin, la moglie Sophie Grégorie e i tre figli — tutti bellissimi e fotogenici, va detto — hanno sfilato in lungo e in largo per il Paese, incantati a ripetere «namasté» con le mani giunte a chiunque incontrassero, e sfoggiando un abbigliamento più adatto al clan di un Maharaja che ad una «first family» in visita di Stato. In un vorticoso cambio d’abiti — «troppo indiani anche per un indiano», sottolinea il sito di Indian Outlook — il multiculturalista Trudeau ha toccato l’apice del ridicolo incontrando gli attori di Bollywood: la superstar locale Shah Rukh Khan era in sobrio completo-giacca scuro, Justin era agghindato con un tradizionale «sherwani» (lunga veste tipo cappotto) in seta dorata e ricamata, più scarpette rosse a punta ai piedi, «mise» che in India si riserva ai giovani novelli sposi.

L’«abbraccio dell’orso»

Disastro di sostanza, in realtà. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha fatto sospirare per ben sette giorni il suo famoso «abbraccio dell’orso» ( temutissimo fra i leader internazionali, chiedete a Trump che ha provato a scansarlo): soltanto venerdì si è degnato di concedere un colloquio al canadese, per firmare sei accordi commerciali. Trudeau nel frattempo aveva letto il commento del Times of India: «Non accettare mai consigli di moda dagli amici indiani che vivono all’estero», e ha optato per un completo blu scuro prima di tornare sotto gli amati riflettori.

La strada che ha portato la «first family» di Ottawa fino al tappeto rosso della residenza di Rashtrapati Bhavan a New Delhi, dove Modi l’ha finalmente ricevuta, è stata lunga e travagliata. Accolti il 17 febbraio da un giovane ministro di second’ordine, i Trudeau si sono accontentati per tutta la settimana di visitare monumenti, businessmen locali e dignitari minori. L’itinerario turistico con relativi selfies — dal Taj Mahal alla moschea Jama Masjid — ha dato l’impressione che fossero in vacanza, a spese dei contribuenti, più che in missione ufficiale. A metà viaggio, poi, è arrivata la spettacolare gaffe al limite dell’incidente diplomatico. Nella lista degli invitati alla cena ufficiale in ambasciata è spuntato il nome di Jaspal Atwal, ex terrorista sikh condannato in Canada per il tentato omicidio nel 1986 di un ministro indiano, lo stesso uomo che appare al fianco della first lady canadese in una foto scattata a Mumbai.

Il separatismo sikh

Trudeu ha stracciato l’invito e fatto pubblica ammenda per l’errore. Poi ha accennato qualche mossa di «bhangra», una danza locale a ritmo di tamburi, per allentare la tensione. Ma la vicenda ha riacceso le polemiche. In Canada vivono 1,4 milioni di persone d’origine indiana (il 4 per cento della popolazione) tra cui circa mezzo milione di sikh. Alcuni di loro sostengono la creazione di uno stato indipendente dall’India, il Khalistan, e la scorsa primavera Trudeau era già finito nel mirino di New Delhi per aver partecipato a Toronto ad un evento in cui sventolavano le bandiere dei separatisti sikh. Modi, ovviamente, non gradisce e, dopo la stretta dell’orso, ha ribadito all’ospite canadese le regole del gioco: «Non tollereremo coloro che sfidano l’unità e l’integrità dell’India».

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