3 gennaio 2018 - 22:42

«Ancora in piazza per Charlie Hebdo:
non stanchiamoci della libertà»

La filosofa Badinter: «Troppi politici temono fastidi, sono abominevoli fifoni». Sabato a Parigi ci sarà una riunione pubblica per proclamarsi «Toujours Charlie» tre anni dopo l’attentato

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PARIGI Qualche giorno dopo l’attentato del 7 gennaio 2015, cinque milioni di francesi scesero in strada per dire «Je suis Charlie». Quell’ondata di emozione e solidarietà con il tempo si è affievolita, mentre tornano le minacce. Le associazioni Printemps Républicain, Comité Laïcité République e Licra questo sabato organizzano assieme alla nuova redazione una riunione pubblica alle Folies Bergère per proclamarsi «Toujours Charlie!», ancora Charlie. Tra le personalità che hanno deciso di partecipare, la più celebre e influente è la filosofa e femminista Élisabeth Badinter.

Perché ha dato la sua adesione?

«Di solito non partecipo a queste cose, ma dobbiamo molto a Charlie Hebdo ed è il momento di ricordarlo. All’epoca delle caricature su Maometto i vignettisti danesi vennero sostenuti da Charlie Hebdo e questo mi sembrava normale, giusto. Invece molti politici francesi e in particolare l’allora presidente Jacques Chirac erano molto critici. Nel 2006 Chirac fece pressioni sull’imam della moschea di Parigi perché intentasse un processo alla redazione, e io testimoniai in loro favore. Oggi associo Charlie Hebdo all’ossigeno. Questo giornale resta il termometro più sicuro della nostra libertà. I politici invece, tranne eccezioni, mi sono sembrati degli abominevoli fifoni».

Perché? Per opportunismo?

«Perché hanno paura di avere fastidi, temono violenze. Ma se rinunciamo ai nostri principi essenziali... Charlie è un simbolo di quel che abbiamo di più prezioso».

Dopo l’attentato ci fu una enorme manifestazione dei francesi...

«Non tutti».

Vale a dire?

«La maggior parte dei musulmani delle periferie non scesero in piazza. Capisco che non era facile, manifestare per Charlie sarebbe stato giudicato un tradimento imperdonabile. Ma se i francesi musulmani fossero venuti per dire ”combatteremo i terroristi al vostro fianco”, sarebbe stato un gesto molto forte e avrebbe dimostrato al resto dei francesi la loro integrazione. Oggi ci sono donne musulmane che vengono a trovarmi, vogliono ribellarsi, loro sono veramente Charlie. Ma non sono mai invitate in tv, i media hanno tendenza a fare parlare sempre i provocatori, facendo un gioco molto pericoloso».

Milioni di persone tornerebbero in piazza oggi, secondo lei, per un evento della stessa gravità?

«Non si riproduce mai due volte la stessa cosa».

Il clima è cambiato? La società è più divisa di prima?

«Molti musulmani restano contrari a Charlie, e i cattolici di destra si sono trovati d’accordo con la comunità musulmana sul no alle nozze gay, c’è una specie di complicità religiosa. Ma il peggio è che ci si abitua a tutto, si è diffusa una forma di stanchezza».

Charlie Hebdo ha patito anche l’improvvisa attenzione globale, ci si è accorti che è capace di scherzare davvero su tutto, per esempio sui morti del terremoto in Italia, dove ha provocato molte proteste.

«Ma Charlie ha il diritto di essere di cattivo gusto, il punto non è se le vignette piacciono o no, il punto è la libertà di espressione. Molti oggi hanno paura, si diffonde la tentazione di dire ”basta, non prendiamo rischi”. E a me questo non piace per niente. Charlie ormai è considerato da molti miei concittadini come una fonte di problemi».

In Francia l’affare Weinstein ha preso una piega particolare, con le denunce per violenza sessuale contro l’intellettuale islamico Tariq Ramadan. Charlie Hebdo allora ha ironizzato sui tanti che hanno chiuso gli occhi a lungo, e ne è nato uno scontro durissimo con la sinistra che si considera più vicina alle ragioni dei musulmani, rappresentata da Edwy Plenel e dal giornale Mediapart. Le accuse di connivenza sono giustificate?

«Una parte della sinistra chiude gli occhi perché identifica i musulmani di Francia con gli oppressi e i colonizzati. Sono i vecchi riflessi degli anni Sessanta e Settanta. Pensano che noi ce la prendiamo con la religione, quando invece la nostra lotta è contro l’islamismo politico».

Qual è la sua impressione sul presidente Macron?

«Non ha ancora preso posizione. Prima delle elezioni sembrava non volere grane. Il suo portavoce ancora qualche giorno fa parlava di ”laicità serena”, che vuol dire in sostanza “fate quel che volete”. In generale mi pare che queste questioni non siano la priorità di Macron, il che è in sé già una posizione. Ma forse il presidente diventerà un po’ più sensibile al tema».

Come giudica i francesi dopo gli attentati?

«Si sono comportati bene. Hanno sopportato molti drammi, senza cadere nella tentazione della violenza».

Che cosa pensa delle nuove minacce contro Charlie e contro la riunione alla quale si appresta a partecipare?

«Saremo ben protetti. Non bisogna preoccuparsi troppo delle minacce, altrimenti non si fa più niente».

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