23 gennaio 2018 - 18:41

Russiagate, Mueller vuole interrogare Donald Trump: l’ipotesi di ostruzione alla giustizia

Il procuratore Mueller, secondo il Washington Post, vuole interrogare il presidente degli Stati Uniti. Ha ascoltato il ministro della Giustizia Sessions e l'ex capo dell'Fbi, Comey

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WASHINGTON — Il sospetto più insidioso che grava su Donald Trump ora si chiama «ostruzione della giustizia». Nei giorni scorsi Robert Mueller, il titolare dell’inchiesta sulla possibile collusione tra la Russia e il comitato elettorale di Trump, ha interrogato per ore il ministro della Giustizia Jeff Sessions. Lo ha confermato ieri la portavoce del ministero, Sarah Isgur Flores. Poche ore dopo il New York Times ha scritto che «lo scorso anno è stato sentito anche il direttore dell’Fbi, James Comey». E, secondo un’indiscrezione diffusa in serata dal Washington Post, Mueller «cercherà di fissare un incontro» con lo stesso Trump. Sessions, 71 anni, è una figura chiave dell’indagine. L’ex procuratore e poi senatore dell’Alabama è stato uno dei primi e più convinti sostenitori di Trump. Un rapporto molto stretto, messo in crisi dagli sviluppi del Russiagate. Il 2 marzo 2017 Sessions si auto escluse dal lavoro di intelligence sulle interferenze russe, promosso dal suo ministero. Un passo obbligato, visto che in un’audizione davanti al Congresso non aveva fatto cenno ai suoi contatti con l’ambasciatore del Cremlino a Washington, Sergey Kislyak.

«Licenziate Comey»

Il 9 maggio del 2017, però, Sessions invia un memo alla Casa Bianca, raccomandando di licenziare Comey. Motivo? «Ha gestito male la vicenda delle mail di Hillary Clinton e ha danneggiato la credibilità dell’Agenzia». Il vero motivo era un altro e fu lo stesso Trump a rivelarlo in un tweet: la «nuvola nera» sulla Casa Bianca, creata da Comey con i suoi accertamenti sui complici delle manovre russe. Più precisamente: il direttore dell’Fbi non aveva raccolto l’invito di Trump a «lasciare andare» Michael Flynn, l’allora consigliere per la Sicurezza nazionale indagato per una lunga serie di contatti con esponenti del Cremlino. Flynn ha poi ammesso di aver detto una serie di bugie in un interrogatorio dell’Fbi: ha accettato di collaborare per evitare il carcere. Il super procuratore, dunque, sta mettendo in fila i fatti di quella primavera del 2017. Ha ascoltato la versione di Comey, acquisendo i memorandum che l’ex capo dell’Fbi aveva compilato dopo ogni incontro e telefonata con Trump. Documenti già resi noti dai media americani. E poi ha convocato per la prima volta un ministro in carica, Jeff Sessions.

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L'interrogatorio a Bannon

Tra marzo e maggio del 2017 il presidente attaccò pubblicamente il suo Attorney General rimproverandolo per essersi auto ricusato dall’inchiesta e per non aver fatto abbastanza in difesa della Casa Bianca. Alla fine di maggio Sessions era pronto a dimettersi, ma il presidente, pur continuando ad aggredirlo su Twitter, lo lasciò al suo posto. La domanda è semplice: le pressioni di Trump su Sessions e, naturalmente, su Comey possono configurare il reato di «ostruzione al corso della giustizia»? Per Mueller potrebbe essere più facile rispondere in tempi brevi su questo tema rispetto all’interrogativo principale del Russiagate: il clan di Trump fece da sponda alle iniziative di Vladimir Putin per danneggiare Hillary Clinton? Nei prossimi giorni Mueller ascolterà Steve Bannon, l’ex stratega della Casa Bianca, reduce da un’estenuante quanto infruttuosa testimonianza davanti alla Commissione Intelligence della Camera, il 22 gennaio. L’11 settembre 2017 Bannon dichiarò che il licenziamento di Comey era stato «il più grande errore nella storia politica moderna». La pista di Mueller può portare a conseguenze pesanti per la Casa Bianca. Nel 1998 Bill Clinton fu sottoposto alla procedura di impeachment proprio per aver «ostacolato» l’accertamento dei fatti, mentendo sulla relazione con Monica Lewinsky.

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