11 marzo 2018 - 11:10

Marine Le Pen cambia nome al Front National (e caccia papà Jean-Marie)

Nel nuovo statuto voluto dalla attuale leader, la figlia Marine, scompare la carica di «presidente onorario»: il fondatore del movimento di estrema destra compie 90 anni

di Stefano Montefiori

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PARIGI La fiamma mutuata dal Movimento Sociale di Giorgio Almirante resta, ma il nome cambia: addio Front National, che diventa «Rassemblement (raggruppamento o unione, ndr) National». Al 16° congresso, a Lille, Marine Le Pen ha proposto una nuova denominazione del partito fondato dal padre nel 1972. Dovrà essere approvata dai militanti con un voto per posta che richiederà circa un mese e mezzo.

Perché la svolta

«Il nome Front National è portatore di una storia epica e gloriosa che nessuno vuole negare — ha detto la leader tra gli applausi —. Ma sapete, per molti francesi, anche in buona fede, quel nome rappresenta un freno psicologico». Marine Le Pen, che era l’unica candidata ed è stata riconfermata alla guida del partito, è andata avanti a spiegare perché «Front» andava bene negli Settanta, «quando il partito lottava contro tutti», ma non adesso che bisogna offrire una proposta politica positiva, non solo contro qualcosa o qualcuno ma «per i francesi». «Rassemblement» contiene l’idea di unione, di raggruppamento che vada al di là del nucleo di partenza.

Alleanze

Dal 1972 a oggi il Front National è enormemente cresciuto, ma tranne poche e piccole realtà locali non è mai riuscito a prendere il potere. Pochi parlamentari — 6 deputati su 577 e 1 senatore su 348 — e nessun presidente di Regione. Alle ultime presidenziali Marine Le Pen ha preso 11 milioni di voti ma è stata sconfitta da Emmanuel Macron. Se vuole rompere il soffitto di cristallo e diventare davvero un partito di governo, il Front National deve conquistare almeno parte della destra dei «Républicains», il partito erede della tradizione di De Gaulle e in mano a un Laurent Wauquiez non così distante dalla retorica e dalle posizioni politiche di Marine Le Pen. Il cambio di nome in «Rassemblement National» indica questa volontà di espansione verso la destra repubblicana e anche verso parte dell’elettorato che oggi vota per la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon e che nutre la stessa avversione per la globalizzazione e la società aperta.

Macron come Renzi

Nel suo discorso Marine Le Pen ha usato toni beffardi nei confronti di Matteo Renzi, «che quattro anni fa sembrava il giovane che avrebbe cambiato l’Italia», come Emmanuel Macron spera di cambiare la Francia e l’Europa. «Segno annunciatore — ha detto Le Pen —, assistiamo in questi giorni alla caduta del Macron italiano». Nei due giorni del congresso di Lille Marine Le Pen ha continuamente evocato la vittoria dell’alleato italiano Matteo Salvini e della Lega, e l’ospite d’onore Steve Bannon, già consigliere di Donald Trump, ha parlato dell’alleanza nelle urne tra gli elettori del Movimento Cinque Stelle e della Lega che ha portato «due terzi degli italiani a votare contro l’establishment».

Le difficoltà di Marine Le Pen

Per la leader «sovranista» il momento è cruciale, e i risultati delle elezioni italiane sono arrivati a darle un aiuto non del tutto previsto nelle sue dimensioni. Dopo anni di normalizzazione del partito e di sforzi per rendere credibile la sua immagine di donna di governo, Marine Le Pen è caduta nella catastrofe del duello televisivo decisivo con Macron, quasi un anno fa, prima del ballottaggio decisivo. In quell’occasione si mostrò sopra le righe, nervosa, impreparata, insomma inadeguata a guidare il Paese. Avrebbe probabilmente perso comunque, ma quella pessima prestazione è rimasta nella memoria anche dei suoi stessi simpatizzanti. «Ho fallito un appuntamento, non potete rinfacciarmelo tutta la vita», ha detto anche nei giorni scorsi in tv. Il fatto è che prima delle elezioni italiane Marine Le Pen sembrava a corto di idee e di entusiasmo, e molti mettevano in dubbio la sua capacità di essere la candidata nazionalista anche alle prossime elezioni del 2022. La vittoria del suo alleato Matteo Salvini in Italia e la presenza a Lille di Steve Bannon — in disgrazia negli Stati Uniti ma tuttora molto popolare tra i sovranisti europei — le hanno dato nuova energia. Continua però a scontare la lite con il padre Jean-Marie, definitivamente estromesso dal partito con l’abolizione della carica di presidente onorario, e in prospettiva deve guardarsi dalla concorrenza interna della giovane nipote Marion Maréchal Le Pen: adorata dal nonno Jean-Marie e quindi dalle frange più tradizionaliste e conservatrici del partito, popolare negli ambienti vicini a Trump in America, popolare tra le nuove generazioni nazionaliste, e priva dell’onta della sconfitta conosciuta dalla zia.

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