Milano, 15 ottobre 2017 - 22:21

Come in Spagna nel 1936, chi sono i volontari occidentali che combattono contro Isis

Si sono arruolati dall’altra parte del fronte rispetto ai foreign fighters jihadisti. Per sconfiggere il Califfato ma anche per sostenere il progetto curdo del Rojava

di Marta Serafini

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La studentessa inglese

Vengono da tutto il mondo, dal Canada, passando per la Gran Bretagna, fino all’Italia. Giovani, spesso (ma non sempre) di sinistra o anarchici. Sono i volontari che si sono uniti ai curdi per combattere l’Isis in Siria. Guai a chiamarli foreign fighters come i miliziani occidentali del Califfato. «Noi stiamo dalla parte dei buoni», spiegano i diretti interessati. Meglio quando li si paragona alle brigate internazionali della guerra civile spagnola contro Franco.

Incuranti della taglia di 150 mila dollari che Isis ha messo sulla testa di tutti gli stranieri, la maggior parte di loro è partita attratta dall’idea di combattere contro i jihadisti ma anche di far parte del progetto di confederazione curda del Rojava, basato sull’uguaglianza e sula parità di genere. Anche a costo della vita. Dal 2014 ad oggi sono almeno 27 gli occidentali morti sul fronte di Raqqa. Tra loro, 8 americani, 4 tedeschi compresa una donna, 2 canadesi e 3 britannici.

Ventotto anni, Kimberly Taylor, oggi è un soldato dello Ypj, la divisione femminile dello Ypg, milizia vicina al Pkk. Inglesissima, con l’accento del Lancashire, nome di battaglia Zilan Dilmar, è la prima donna britannica ad essersi unita alla battaglia di Raqqa. Trascorre i suoi vent’anni a viaggiare per il mondo. Africa, Sud America, Europa. Poi si iscrive a scienze politiche all’Università di Stoccolma ma non dura molto. «Un giorno ho letto online delle donne yazide massacrate e non ho avuto dubbi, dovevo fare qualcosa». L’ottobre scorso, è partita per la Siria. «Sono pronta a dare la mia vita per questo», ha raccontato al Guardian.

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