Milano, 1 ottobre 2017 - 17:25

Il super diamante va in tournée

Fawaz Gruosi, fondatore di de Grisogono, porta a Hong Kong la collana con il pendente di 163 carati: «Per la prima volta un gioiello mi ha messo in crisi»

Fawaz Gruosi con il diamante Fawaz Gruosi con il diamante
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Basta uno sguardo allo skyline della penisola di Kowloon, con la nuova Ifc Tower (International Finance Centre) che svetta sugli altri grattacieli come la sua gemella al di qua della baia, per capire come mai un brand di alta gioielleria svizzera come de Grisogono abbia scelto Hong Kong per il lancio del gioiello milionario: «Il suo valore dipenderà dall’asta, ma la speranza realistica è di riuscire a batterlo per oltre 30 milioni di dollari». Non un diadema della regina bensì un’elegante collana quasi a cuore, metà smeraldi e metà diamanti che monta, come pendente, un diamante bianco di 163,41 carati, con il massimo delle credenziali per colore, purezza e simmetria (D Flawless di tipo IIA). Si tratta dell’ultima creazione di Fawaz Grousi per il marchio di cui è fondatore, presidente e direttore creativo. Insieme con la casa d’asta Christie’s ha scelto Hong Kong come prima tappa di un tour che toccherà New York e Parigi prima di approdare a Londra per l’asta il 14 novembre. Un gioiello eccezionale che, nelle intenzioni di Gruosi, apre un’avventura nelle maxi pietre destinate alle nuove generazioni di ricchi.

Un grande gioiello richiede un evento. Davanti a una platea di giornalisti, esperti venditori e grandi buyer — al 90 per cento asiatici — prima di togliere il drappo nero Gruosi racconta che tutto nasce dalla scoperta di un diamante grezzo di 404 carati nella miniera di Lulo, provincia di Lunda Sul, in Angola, a inizio febbraio del 2016. Il momento del taglio è sempre il più emozionante: «Il primo colpo non ha funzionato e mi sono sentito il cuore in gola — racconta —, ma il maestro 80enne a cui era stato affidato mi ha poi tranquillizzato. Per il secondo taglio, sull’altro lato ci sono voluti due mesi, ma alla fine (come accade con il protagonista di un libro) è la pietra a definire la sua storia. Per la prima volta mi sono sentito in difficoltà a creare un gioiello. La cornice non doveva sovrastare la pietra». Non è successo.

Gruosi viene chiamato in disparte perché c’è una signora indonesiana che desidera provare la collana. Cinquantenne, tubino nero plissettato, bocca rossa, raffinata, già con molti carati al dito, si scruta nello specchio rotondo mentre il venditore ne decanta le caratteristiche al marito, all’apparenza molto competente. La fanno allontanare un momento per la sorpresa: il rettangolo di luce è stato reso removibile «per facilitarne la messa in sicurezza» e per renderlo applicabile anche a un bracciale bombato tempestato di diamanti neri. «Il consumatore del lusso è cambiato — spiega Rahul Kadakia, direttore internazionale di Christie’s Gioielli —. Quando nel 1969 ho cominciato la collaborazione con la casa d’aste, l’80 per cento degli acquirenti erano venditori. Oggi gli addetti del settore sono rimasti soltanto il 2 per cento, la maggior parte delle vendite si fa con i privati». Ed è in continuo mutamento anche la geografia dello shopping di lusso, come fa notare Gruosi, padre libanese e madre italiana. «Prima era la Russia, poi frenata dalle sensazioni contro Putin e che ora sta riprendendo. E sono arrivate Cina, Arabia e India, Paese che avrà un boom».

All’hotel Mandarin di Hong Kong sono in mostra gli altri Magnificent Jewels che saranno battuti a Ginevra. Il cocktail party prevede la gita in barca per assistere allo spettacolo di luci che anima palazzi e grattacieli affacciati sulla baia, con il centro congressi ovale esteso sul fiume, costruito in cinque anni, mentre sta per essere ultimato — a tempo record — il ponte che arriva a Macao. «Hong Kong è la porta d’ingresso al cliente asiatico, che nel 2016 per Christie’s ha rappresentato il 31% del fatturato, di cui l’80 realizzato in Cina», dice Kadakia. E cresce anche la vendita di gioielli nelle aste. «Gli uomini hanno sempre snobbato le pietre — racconta Gruosi — ma da qualche tempo le cose stanno cambiando. Di fronte a conflitti e incertezze il gioiello torna a essere considerato un bene durevole, facile per eventuali spostamenti e anche per ricavarne un introito in caso di necessità», continua il creatore, che recentemente ha ceduto le quote di maggioranza della sua griffe a un fondo Lussemburghese. Il suo insegnamento ai giovani? «Più coraggio. Nel 1993 ho creato de Grisogono con 16 mila dollari e niente di preciso in testa, sono un istintivo. Dopo sei mesi i miei due soci mi hanno mollato perché dicevano che ero folle. Ho girato da Place Vendome a via Spiga per vedere i gioielli. Erano tutti minimalisti. Ho creato qualcosa che non c’era, mischiando pietre preziose e meno, mi ero innamorato dei diamanti neri. All’inizio sono stato molto criticato, dicevano che non avevano valore. Poi è diventata tendenza». Oggi la griffe ha creato anche una collezione per il red carpet di Cannes: «La testimonial crea glamour». E anche i social sono diventati importantissimi: «In America la maggioranza delle persone vi passa due ore e mezzo al giorno...».

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