Milano, 2 dicembre 2017 - 21:09

Le innovazioni istituzionali
nei programmi dei partiti

Ci attendono mesi difficili, e probabilmente una legislatura breve nella quale
sarà necessario mettere nuovamente mano alla legge elettorale

shadow

Un sistema elettorale perfetto, adatto a qualsiasi paese ed a qualsiasi stagione, non esiste. In Italia, l’abbandono del Mattarellum, sostanzialmente maggioritario, ed il fiorire negli ultimi dodici anni di proposte sostanzialmente proporzionali, non sono stati casuali. I sistemi maggioritari richiedono infatti paesi omogenei ove le divisioni non siano radicali, e chiunque risulti vittorioso alle elezioni possa governare senza precipitare il paese in un continuo conflitto ed in una crisi di legittimità. Un grande costituzionalista inglese dell’800, Walter Bagehot, poteva affermare: «Siamo un popolo così profondamente unito che ci possiamo permettere di dividerci». La Gran Bretagna, così come il resto d’Europa, ha conosciuto in questi ultimi anni un forte aumento della polarizzazione e la nascita di movimenti populisti. Dopo Spagna e Francia (qui solo parzialmente contrastata dalla vittoria di Macron) la malattia sembra avere contagiato persino la Germania, ed ha colpito in maniera virulenta la Polonia e gli altri paesi ex comunisti. Non deve sorprendere che l’Italia non ne sia rimasta indenne.

I sistemi maggioritari non si adattano dunque a paesi divisi, come sempre più si avviano ad essere le società europee, ai quali si adattano maggiormente sistemi elettorali proporzionali, che però comportano nella quasi totalità dei casi la formazione di governi di coalizione. Essenziale in questi casi diventa la qualità delle élites politiche. Alcuni anni orsono un apprezzato politologo olandese, Arend Lijphart, rovesciando le abituali critiche al consociativismo di molte classi politiche (chi non ricorda la polemica italiana contro gli «inciuci»?), sottolineò invece che in condizioni di conflitto e divisione sociale compito delle élites è quello di giungere a soluzioni «conciliative» per dare al proprio paese governi efficaci, o comunque un governo.

Credo che dopo le prossime elezioni in molti dovranno rileggere e meditare il monito di Lijphart. In Italia, infatti, la nuova legge elettorale — un mix di maggioritario e di proporzionale scelto dai maggiori partiti più per assicurare al loro leader il controllo assoluto del proprio gruppo parlamentare che per facilitare la formazione di alleanze e coalizioni di governo — rischia di lasciarci senza una maggioranza, e comunque senza una maggioranza omogenea in grado di garantire una stabilità di governo e politiche adeguate a fronteggiare i gravi problemi del nostro paese.

I sistemi misti sono sempre di difficile costruzione. Lo fu il Mattarellum, specie per il meccanismo dello scorporo (senza il quale il primo governo Prodi sarebbe sopravvissuto alla defezione di Rifondazione Comunista). A maggior ragione lo è l’attuale Rosatellum: sarebbe bastato permettere il voto disgiunto per facilitare la formazione di un centrosinistra unito in grado di competere con il centro-destra e il Movimento 5 Stelle, promuovendo così anche una maggiore spinta unitaria nel centrodestra altrimenti destinato — sia in caso di vittoria che di sconfitta — a vedere incrementarsi progressivamente la propria disomogeneità su temi fondamentali quali ad esempio l’Europa. Il rifiuto del Pd di Renzi a concedere il voto disgiunto è all’origine del fallimento — malgrado i generosi sforzi di Fassino — del tentativo di costruire un centro-sinistra competitivo, e rimane inspiegabile specie alla luce delle sconfitte che a partire dal referendum hanno caratterizzato il risultato del Pd in tutte le ultime consultazioni elettorali.

Il nostro paese è comunque destinato ad essere guidato — nella migliore delle ipotesi — da governi di coalizione. Senza piangere su un latte oramai versato (ma senza neanche dimenticare chi è responsabile di averlo versato) occorre chiedersi come rafforzare un governo di coalizione, dando per scontato che si tratterà di un governo di minoranza o comunque dalla maggioranza molto debole e disomogenea. Su queste colonne ho già ricordato l’importanza di introdurre in Costituzione l’istituto della sfiducia costruttiva; ma molto si può fare anche conferendo al Presidente del Consiglio il potere di nomina e revoca dei Ministri, e con una sapiente modifica dei regolamenti parlamentari, come quella ora promossa in Senato dal Presidente Grasso.

Ci attendono mesi difficili, e probabilmente una legislatura breve nella quale sarà necessario mettere nuovamente mano alla legge elettorale. Fin da ora è opportuno che tutti i partiti annuncino come parte del programma con cui si presenteranno agli elettori quali innovazioni istituzionali intendono proporre sia a livello costituzionale, che di legge elettorale e di regolamenti parlamentari. Sarebbe importante se la campagna elettorale, anziché essere condotta a colpi di slogan e di promesse che non tengono conto del nostro debito pubblico, fosse condotta su questi temi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT