3 febbraio 2018 - 21:12

La pubblicità
che non rispetta i santi (e noi)

Nessuno pretende che i creativi debbano ispirarsi a Kant. Basterebbe aver imparato a non essere villani con il proprio vicino e a non considerarsi più avanzati di lui o di lei, solo perché vanno a Messa o in Sinagoga

di Claudio Magris

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Si dice che alcune recenti immagini pubblicitarie promuovano alcuni prodotti usando le figure di Cristo e Maria tratteggiate in modo derisorio e volgare. Flaubert si sarebbe divertito, perché amava fare raccolta delle stupidità d’ogni genere. Pubblicò pure una specie di antologia, Lo sciocchezzaio; la stolidità gli appariva maestosa come una montagna. Forse non sapeva ancora che essa paga.

 Le offese e le scurrilità più redditizie sembrano oggi quelle che mettono sconciamente le mani addosso alla fede religiosa e all’intelligenza. A ogni fede religiosa, anche se con più fregola a quella cattolica; in questo caso sia a quella cristiana sia a quella musulmana, visto che per l’islam Maria è venerata e Cristo è la terza, grande figura dopo Maometto e Abramo.

  Mi aspetto dunque che qualche imam sporga querela per oltraggio alla religione. Ma soprattutto mi chiedo dove e quali siano le frontiere del rispetto, di ciò che anche i pubblicitari, come ognuno che esercita ogni rispettabile lavoro, dovrebbero considerare sacro e inviolabile e non mero oggetto di consumo e di sollecitazione al consumo. Nel mondo c’è posto per il Vangelo e per lo spot ma non sono la stessa cosa. Dovremmo dunque vedere, nella campagna per lanciare un prodotto, ad esempio una crema per la pelle, il volto e il corpo piagato di Giulio Regeni oppure fotografie di Auschwitz per suggerire cure dimagranti? Le donne percosse, violentate e uccise usate per valorizzare la marca dello shampoo che usavano per i loro bei capelli?

  Questi sono esempi estremi, che per qualche tempo — temo breve — ci saranno ancora risparmiati, perché prima di ammannire pietanze stomachevoli su piatti non lavati occorre abituare progressivamente i consumatori a considerare normale tale menu e tale modo di apparecchiare la tavola. Ma oggi tutto, anche le trasformazioni sino a ieri impensabili, avviene sempre più velocemente, a ritmo accelerato come nei vecchi film di Ridolini. La frontiera che viene sempre più travolta è quella — essenziale per la vita, la convivenza e la dignità — del rispetto. Di quel rispetto che Kant considerava la base, la premessa di tutte le altre virtù e qualità umane. Nessuno pretende che gli agenti e i creativi pubblicitari debbano ispirarsi a Kant. Basterebbe aver imparato a non essere villani con il proprio vicino e a non considerarsi più avanzati di lui o di lei, solo perché vanno a Messa o in Sinagoga. Il consumo, inevitabile e provvidenziale, scherzi con i fanti — gli spuzapiè, diceva il vecchio gergo militare delle mie parti — lasciando stare i santi.

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