11 gennaio 2018 - 22:13

Trump e la presunzione della sinistra Usa (proprio come in Italia)

David Brooks sul New York Times critica gli oppositori del presidente, con i quali è schierato, perché «sempre più ottusi»

Una curiosa espressione del presidente Trump (Reuters)
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Chi fa visita a Donald Trump non trova un matto delirante ma un uomo affabile e informato, al massimo un po’ ripetitivo. Nel suo staff c’è chi pensa che sia il bambino descritto da Michael Wolff, chi giudica le sue stranezze non insormontabili, chi lo ammira davvero. Al netto dei tweet, l’amministrazione persegue la sua agenda con ordine. C’è una «Casa Bianca Potemkin», con Trump sotto assedio. E una «Casa Bianca invisibile», sempre più professionale. David Brooks fa queste considerazioni sul New York Times: parrebbe un fan del presidente e invece è un «fiero antitrumpiano». Che però critica la sua parte perché «diventa sempre più ottusa». Agli antitrumpiani, spiega, piace cullarsi in una «narrazione da “pazzia di re Giorgio”: Trump è un semianalfabeta circondato da leccapiedi moralmente e intellettualmente inferiori a noi».

Parole che riecheggiano il ventennale dibattito su Berlusconi e la presunta superiorità della sinistra. Brooks non ci casca, e rimprovera ai suoi la stessa pochezza attribuita al campo avverso, la stessa soggezione ai nuovi, veri detentori dell’egemonia culturale, i social. In ogni guerra, ricorda, si finisce per assomigliare al nemico: solo che «questa non è una battaglia su un presidente, ma sulle regole che seguiremo dopo. Ci abbasseremo ai suoi standard?». Anche qui, pare di risentire i discorsi sull’effetto permanente del berlusconismo. La sinistra Usa dovrà sopportare Trump solo altri tre anni se, come raccomanda ancora il Nyt, capirà che Trump non si abbatte né per via sanitaria («è pazzo!») né per via giudiziaria (impeachment), ma con i voti. Tutto così familiare da far pensare che se anche la sinistra italiana avesse intuito queste cose, forse non si troverebbe ancora una volta a dover inseguire Berlusconi.

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