Milano, 2 dicembre 2017 - 13:11

M5S, Di Maio, articolo 18? «Da ripristinare nelle imprese con più di 15 dipendenti»

Il candidato premier dei Cinque Stelle: «Per le imprese piccole, a conduzione familiare, non serve, per le altre sì». Di Maio torna anche a parlare di alleanze e di banche

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«Noi il Jobs Act lo vogliamo abolire. Crediamo che sotto i 15 dipendenti, non serva l’articolo 18 alle imprese, perché in quel caso sono a conduzione familiare. Per il resto, vogliamo ripristinarlo». Così il candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, ha risposto a una domanda sull’articolo 18, a margine di una tappa del suo giro in Lombardia. Secondo Di Maio, «il disegno del governo Renzi è chiaro, ha fatto il Jobs act per precarizzare ancora di più la vita dei giovani e dei meno giovani, in modo tale da potere dire che aveva dato più posti, ma ha solo fatto in modo che nascessero contratti a 2-3 mesi e poi ti licenziano. Per me la precarietà è un problema, perché non ci saranno certezze per mettere su famiglia e quindi otterremo un’economia sempre più depressa e ferma. La stabilità lavorativa serve anche a far crescere l’economia e farla sviluppare». Secondo Di Maio, «bisogna iniziare a parlare di flex security: se una persona viene licenziata, deve essere inserita in un programma di riqualificazione per essere reinserita nel mondo del lavoro. Per noi questo si chiama reddito di cittadinanza: io Stato prendo quel lavoratore e lo formo per le imprese, sgravandole dell’onere di pensare alla formazione.

Le alleanze

Di Maio, candidato premier dei Cinque Stelle, è in piena campagna elettorale. E anticipa che chi vuole «fare l’inciucio» dopo le elezioni politiche, «non ha e non avrà il 51% dei seggi: quindi noi saremo la prima forza politica del Paese e chiederemo l’incarico di governo». A quel punto «con responsabilità, convergendo sui temi e non scambiando poltrone, daremo un Governo a questo Paese, gli permetteremo la stabilità».

Gli investitori

Ma se agli alleati politici promette di chiudere le porte, è invece pronto Di Maio ad aprirle agli investitori stranieri: «Se dovessimo andare al governo anche quelli saranno nostri interlocutori», dice, riferendosi agli incontri avuti a Washington - «Siamo forti delle nostre idee, del nostro programma e su alcune cose non saremo d’accordo. Ma bisogna parlare con tutti, perché in questa fase è importante far capire che noi siamo l’occasione di stabilità, non di instabilità, per l’Italia». Un’uscita che si attira subito la reazione del Pd: «Si passa dalle proteste contro il Bilderberg e i poteri forti agli incontri segreti con gli hedge fund», scrive la deputata Lorenza Bonaccorsi.

Le banche

Il candidato premier grillino ci tiene a marcare le distanze dal governo e a tirare l’ennesima frecciata a Renzi: «Sulla questione banche la situazione è surreale: quelle stesse persone che erano al governo, che hanno salvato Visco e i vertici di Consob e hanno mandato sul lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori adesso chiedono di chiedere scusa. Sono quelle persone che invece dovrebbero chiedere scusa al Paese, per quello che hanno fatto sulle banche: sto parlando di Renzi e Boschi», ha detto Di Maio.

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