Caio Giulio Cesare Mussolini, 50 anni, ex ufficiale di Marina e manager di Finmeccanica, figlio di Guido e bisnipote del Duce. Ha vissuto in Venezuela e ora ad Abu Dhabi. È uno dei nomi a cui pensa Giorgia Meloni per le liste di FdI. «Per ora è solo un’ipotesi. Sono qui per guardare, capire. Del resto sono sommergibilista...», dice.
Lei è nuovo, il suo cognome tutt’altro.
«Per il cognome sono stato attaccato a priori. Ho vissuto una dicotomia. Ciò che mi dicevano a scuola o su certa stampa, tutto male del fascismo, e ciò che mi dicevano a casa o alcune persone che lo avevano vissuto, tutto bene».
Come ha risolto la dicotomia?
«Studiando, capendo che ci sono state cose negative e cose positive. Che è stato un periodo complesso. Ed è un periodo chiuso».
Eppure se ne parla ancora tanto.
«Ha rappresentato l’Italia, gli slanci e le mediocrità. Il fascismo sono stati gli italiani. Questa passione per l’uomo forte, per esempio. È molto latina. E resta».
Cosa pensa di chi si dichiara ancora fascista, come CasaPound o i naziskin?
«Non sono molto addentro. Di certo rappresentano più una minaccia all’ordine pubblico i centri sociali».
E della legge Fiano?
«È anacronistica, un pretesto per non parlare dei problemi veri. Cosa fai, butti giù l’obelisco del Foro italico o “riannacqui” le paludi che Mussolini aveva bonificato?».
Dall’estero come vede l’Italia?
«Sull’orlo del baratro. Contiamo niente e Alfano è un ministro patetico».
Quando torna che nota?
«Non c’è rispetto per le regole e mancano il senso civico e il principio di autorità».
Alessandra Mussolini ha detto che per Ostia basterebbero tre mesi del nonno.
«Una boutade. L’uomo solo non basta. Io e Alessandra abbiamo avuto un percorso diverso. Lei ha fatto l’attrice, poi è stata eletta senza esperienza. Io sono entrato in Marina, ho due lauree, parlo tre lingue».
Anche lei però conta sul potere «evocativo» del cognome.
«Il cognome può essere un’arma a doppio taglio».