Milano, 5 dicembre 2017 - 22:40

Candidature, le mosse del Pd
In campo Gentiloni e Minniti

Il premier potrebbe sfidare Grasso, il ministro contro Salvini Ma la coalizione è al palo

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«Abbiamo fatto il Rosatellum per far vincere Berlusconi, perché il centrodestra avrà più voti, e anche D’Alema, che riuscirà nel suo progetto di far perdere il Pd»: così un renziano di rango ieri pomeriggio, in Transatlantico, ironizzava amaramente sulle difficoltà che sta incontrando il Partito democratico a metter su una coalizione. Ma in realtà al Nazareno stanno già pensando a come rimediare alla situazione. Perciò hanno deciso di schierare i loro uomini migliori in duelli elettorali importanti. Sia sul proporzionale che nei collegi uninominali. Per questa ragione Marco Minniti potrebbe sfidare al Nord Matteo Salvini. Il ministro che ha fermato gli sbarchi contro il leader leghista che dell’immigrazione ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia. «L’elettorato potrà decidere — è il ragionamento — quale proposta è più efficace per fronteggiare il fenomeno». Con la stessa logica, a Roma, però nel proporzionale, potrebbero confrontarsi Paolo Gentiloni e Pietro Grasso. Sempre nella Capitale si potrebbe assistere alla sfida D’Alema-Orfini. Mentre c’è chi parla della possibilità di contrapporre Giuliano Pisapia (sempre che l’alleanza con Campo progressista non naufraghi) a Pier Luigi Bersani in Emilia-Romagna.

il tempo

Insomma, il Pd non vuole perdere tempo e sta già valutando tutte le possibili strategie per tenere alta l’attenzione sulla campagna elettorale. Già, anche perché la coalizione fatica a decollare. Alleanza popolare ha rinviato per l’ennesima volta la direzione in cui il partito dovrebbe decidere con quale squadra giocare. Beatrice Lorenzin e Fabrizio Cicchitto non hanno dubbi: la prospettiva è l’alleanza con il Pd. Roberto Formigoni vorrebbe invece andare con il centrodestra e dice: «Gli amici che guardano al Partito democratico sono liberi di andarci ma non possono trascinare tutta Ap». Alfano ha già deciso di stare con il Pd ma vorrebbe tenere tutto il partito unito. La stessa cosa vorrebbe fare Maurizio Lupi, che formalmente continua a sposare la tesi di andare da soli, ma che, in realtà, è il vero interlocutore del Partito democratico in questa fase.

Lo strappo

E non è che le cose vadano meglio con Campo progressista, nonostante Prodi abbia usato la sua autorevole moral suasion con Giuliano Pisapia, anche tramite ambasciatori. Dicono che il Professore non abbia gradito lo strappo della sinistra di Liberi e uguali. Potrebbe ancora spendere qualche parola, e c’è chi sta lavorando in tal senso, anche se l’ex premier appare sempre più lontano dalle italiche beghe. Comunque, la verità è che Campo progressista sta implodendo. I deputati di Pisapia che sanno che non verranno ricandidati si sono messi di traverso: Marisa Nicchi e Franco Bordo, tanto per fare due nomi, non voteranno nemmeno la legge di Bilancio. L’ala sinistra del movimento dell’ex sindaco di Milano vuole rompere con il Pd per lo ius soli. Della stessa opinione Laura Boldrini. I rapporti tra la presidente della Camera e l’ex sindaco non sono dei migliori: per questa ragione chi cura la «pratica» Boldrini è l’ex dc Agazio Loiero, la cui figlia lavora con la presidente. I centristi di Campo progressista, come Bruno Tabacci, spingono invece per l’alleanza con il Pd di Renzi senza se e senza ma, e anche senza ius soli.

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