14 dicembre 2017 - 22:17

Vegas, il prof di diritto ecclesiastico: alla Consob anni di scontro con Renzi

L’ex parlamentare del centrodestra presiede l’autorità di vigilanza sulla Borsa dal 2010

Giuseppe Vegas e Pier Ferdinando Casini  (Ansa) Giuseppe Vegas e Pier Ferdinando Casini (Ansa)
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L’ascesa pubblica di Giuseppe Vegas avviene tra il 1996 e il 2010 ed è interamente politica. Tutta con il centrodestra, sotto le insegne di Silvio Berlusconi. Eletto nel ’96, a 44 anni, al Senato per il Polo delle Libertà, rieletto nel 2001, sottosegretario e poi viceministro dell’Economia nei governi Berlusconi dal 2001 al 2006, quando entra per la terza volta a Palazzo Madama nelle liste di Forza Italia. Infine, nel 2008, la quarta elezione, questa volta alla Camera per il Pdl e di nuovo sottosegretario e poi viceministro dell’Economia (ministro Giulio Tremonti) fino al 18 novembre 2010, quando il governo Berlusconi lo nomina presidente della Consob. Un politico e docente a contratto di diritto ecclesiastico a capo dell’autorità di vigilanza sulla Borsa istituita dalla legge 216 del 1974, che all’articolo 1 recita: «La Commissione è composta da un presidente e da quattro membri, scelti tra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza».

Tanto è politico Vegas che, il 14 dicembre 2010, 26 giorni dopo il Consiglio dei ministri che lo ha designato, si presenta alla Camera per non far mancare il suo voto contro una mozione di sfiducia al governo Berlusconi. Lo fa, spiega tra le proteste delle opposizioni, perché la nomina alla Consob non è ancora perfezionata (il decreto del presidente della Repubblica arriverà il 15 dicembre) e le sue dimissioni da parlamentare non sono state ancora discusse dalla Camera. Ma questo è solo il primo di una serie di scontri politici. Che raggiungeranno l’apice sotto il governo di centrosinistra di Matteo Renzi.

Messo sotto accusa nel 2014 in tv da Report di Milena Gabanelli per aver fatto pressioni affinché fossero cancellati gli «scenari probabilistici» dai prospetti informativi per i risparmiatori, Vegas respinge ogni addebito, ma si becca la reprimenda del ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, allora molto renziano, che parla di «errori gravi» della Consob nell’attività di vigilanza sulle obbligazioni bancarie. In quei giorni (13 giugno 2014) Renzi tenta l’affondo. Nel comunicato ufficiale del Consiglio dei ministri che nomina Anna Genovese membro della Consob si legge: «Avvio procedura incarico a presidente di Consob». Un lapsus freudiano o forse un maldestro tentativo di moral suasion. Ma Vegas, forte del suo mandato settennale (scaduto ieri), non ci pensa proprio a farsi da parte.

E a febbraio 2015, in un’audizione in Parlamento, denuncia che nelle settimane precedenti il decreto col quale Renzi obbligava le banche popolari a trasformarsi in spa c’erano stati movimenti anomali sui titoli delle stesse Popolari con ingenti profitti per alcuni operatori che avevano comprato «prima del 16 gennaio vendendo poi la settimana successiva». Le opposizioni puntano l’indice contro Davide Serra, finanziere amico di Renzi, che replica con una nota di Algebris Investments dove si afferma che le operazioni sulle Popolari hanno realizzato una perdita di 21 milioni.

Si arriva infine alle ripetute crisi bancarie e alla commissione parlamentare d’inchiesta. Renzi, per la verità, mette nel mirino più il governatore della Banca d’Italia che Vegas, anche perché il mandato di Ignazio Visco è rinnovabile, quello del presidente della Consob no. Il premier Paolo Gentiloni, che ha già dato un dispiacere a Renzi, confermando Visco, ha deciso di lasciare al prossimo governo la nomina del presidente della Consob. Che magari conviene non sia di nuovo un politico.

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