19 dicembre 2017 - 10:24

Visco: «Renzi mi chiese di Etruria, non risposi». E lui: «Padoan non autorizzò Boschi e Delrio? Non doveva farlo»

Il governatore di Bankitalia: «Mi domandò perché Vicenza volesse prendersi Arezzo. Da Boschi nessuna pressione». Il segretario dem: «Grazie, conferma che noi ineccepibili». Salvini: «Riporteremo Bankitalia sotto controllo dello Stato»

(Imagoeconomica) (Imagoeconomica)
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«Certamente una domanda la fece» Renzi su Banca Etruria. Ma lui, Ignazio Visco, non rispose. A dirlo è proprio il governatore della Banca d’Italia, che, ascoltato dalla Commissione parlamentare sulla banche a Palazzo San Macuto, aggiunge anche che mai l’allora ministro Boschi fece «sollecitazione di alcuna natura su Etruria né chiese informazioni riservate». Dichiarazioni che fanno esultare i 5 Stelle: «Renzi si interessò di Etruria, sbugiardato». E fanno esultare anche Renzi: «Visco ha confermato che non ci sono state pressioni». Un pensiero ribadito anche, in serata, nella sua newsletter, la eNews. In cui torna anche sulle dichiarazioni del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che lunedì aveva detto in Commissione di non aver mai «autorizzato altri ministri a occuparsi di banche». «Permettetemi di abbracciare Pier Carlo Padoan, finito ieri al centro di un vortice mediatico per aver detto una cosa banale: che il Ministro dell’Economia non autorizza mai alcun ministro. Per forza: nessuno deve autorizzare un collega pari grado.

La difesa di Visco

Del caso politicamente più caldo Visco inizia a parlare dopo aver difeso, in una memoria introduttiva, il lavoro svolto da Bankitalia, al centro della polemica politica, accusata dal Pd sia nei giorni del suo rinnovo, a fine ottobre, sia poi in commissione di non aver vigilato a dovere. Alla base della crisi non c’è «una vigilanza disattenta, ma la peggiore crisi economica nella storia del nostro Paese», ha detto Visco: «La mala gestio di alcune banche c’è stata — puntualizza — e l’abbiamo più volte sottolineato. Nell’opinione di alcuni la Banca d’Italia avrebbe sempre detto che andava tutto bene e avrebbe sottovalutato la situazione. Non è vero». Ma le critiche su Bankitalia continuano a piovere: «Con il nostro governo riporteremo Bankitalia sotto il controllo statale- scrive su twitter il leader della Lega, Matteo Salvini- Vergognoso che ci siano 7.000 dipendenti pagati in media 85 mila euro all’anno per non vigilare. E il presidente Visco dov’era? Perché l’hanno riconfermato?».

Etruria, gli incontri con Renzi

È poi con le domande di deputati e senatori — ad aprire è il presidente della Commissione Pier Ferdinando Casini — che si arriva a parlare di Etruria. «Su Banca Etruria — inizia Visco — non voglio dire che non me ne importava niente...», però, se comparato alla crisi economica nel complesso, «il mio livello di attenzione modesta». Visco ricorda di aver avuto più incontri con l’allora premier Matteo Renzi: «Nel primo parlammo di boy scout, nel secondo di economia, come nel terzo. Fu allora, presenti anche Delrio e Padoan, che mi chiese: “Perché la Popolare di Vicenza vuole prendere questi di Arezzo?”. Io non risposi». La prese come una battuta (sugli «orafi» che si vogliono prendere a vicenda). «In un altro incontro, a richiesta di informazioni su banche in difficoltà io risposti a Renzi che di banche in difficoltà io parlo solo con il ministro. Lui la domanda la fece e io non risposi».

Etruria e Boschi

Si parla naturalmente, poi, di Maria Elena Boschi. Che chiese con chi potesse parlare riguardo Etruria. L’interlocutore era Fabio Panetta, il vice di Bankitalia, che effettivamente ha poi incontrato l’allora ministra delle Riforme. A lui Boschi «manifestò il dispiacere e le preoccupazioni sule conseguenze della crisi di Banca Etruria sul territorio». Panetta riferì «a me e al dg Rossi dei brevi colloqui», racconta Visco, nei quali «non ci fu richiesta di interventi e non si parlò di questioni di vigilanza». Boschi chiese dell’impatto della crisi sul territorio: «Non effettuò alcuna sollecitazione di alcuna natura su Etruria né chiese informazioni riservate e sottolineò la stima per la Banca d’Italia anche se l’azione di quest’ultima avrebbe comportato sofferenze per la sua famiglia», spiega Visco. La ministra «ha chiarito di non voler trattare atti e decisioni relativi a Etruria o alle sanzioni ricevute dal padre» Pier Luigi, vicepresidente dell’istituto aretino. I due incontri avvennero nel novembre 2014 e poi nel gennaio 2015 (l’ultimo un mese prima del commissariamento dell’istituto).

La replica di Renzi

Parole, quelle di Visco, apprezzate dall’ex premier Matteo Renzi, che ringrazia il governatore «per le parole di apprezzamento rivolte al mio governo». In una nota il segretario dem scrive: «Mi fa piacere che fughi ogni dubbio sul comportamento dei ministri. Nessuno di loro ha mai svolto pressioni ma solo legittimi interessamenti legati al proprio territorio: attività istituzionalmente ineccepibile. Ringrazio dunque Visco che mette la parola fine a settimane di speculazione mediatica e di linciaggio verbale verso esponenti del mio Governo». Renzi conferma che «il nostro interesse per Etruria era decisamente minore rispetto ad altri gravi problemi del sistema del credito e il tempo che abbiamo impiegato a informarci di questo lo conferma»: «Rivendico tuttavia — continua — il fatto di essermi interessato a tutti i singoli territori, nessuno escluso, oggetto di crisi bancarie». Diversa la lettura del Movimento 5 Stelle: «Ecco sbugiardato anche Renzi. L’ex premier ha sempre sostenuto di non aver mai avuto rapporti con le banche, se non per due mutui a lui intestati. Le battute stanno a zero: oggi apprendiamo dal governatore Visco che il segretario Pd gli chiese per ben due volte notizie su Etruria. E in maniera impropria, visto che il numero uno di via Nazionale si rifugiò nel segreto d’ufficio e spiegò che di certi temi parlava soltanto con il ministro dell’Economia».

«Mai pressioni per Popolare di Vicenza»

«Aggiungo in modo chiaro che la Banca d’Italia non ha mai fatto pressioni su nessuno per favorire la Banca Popolare di Vicenza o sollecitarne un intervento. Mai», chiarisce il governatore. Sono diversi i parlamentari della Commissione che hanno attribuito alla Banca d’Italia un ruolo di regia nel tentativo della Popolare di Vicenza — poi fallito — di acquisire prima Banca Etruria e poi Veneto banca. «Nessuna pressione e indicazione, abbiamo solo recepito l’interesse» di Popolare di Vicenza per Banca Etruria. «Io ho appreso dell’interesse di Vicenza su Etruria ad aprile 2014. Non abbiamo sollecitato un intervento», continua Visco, aggiungendo di non aver «mai telefonato» al presidente della Popolare di Vicenza Gianni Zonin, per parlare dell’ipotesi di fusione con Veneto Banca (circostanza riferita dall’ex ad Vincenzo Consoli). «Incontrai in Banca d’Italia Zonin per 5 minuti e raccomandai equilibrio e interventi paritari» rilevando come «fu Consoli a parlarne per primo in vigilanza», dice Visco.

«Le crisi senza mala gestione si risolvevano»

«Se non vi fossero state gestioni poco prudenti e spesso caratterizzate da pratiche illegali, perfino queste sette crisi avrebbero potuto essere superate in modo ordinato». Si riferisce alle 4 banche finite in risoluzione, alle due venete e e al Monte dei Paschi, Ignazio Visco. «L’attenzione dell’opinione pubblica e di questa Commissione parlamentare — continua il governatore — si è comprensibilmente concentrata sulle sette crisi bancarie che hanno richiesto l’intervento finanziario dello Stato o che hanno comportato perdite per i detentori di obbligazioni subordinate (sui quali, nel caso delle famiglie, si e intervenuti e si sta intervenendo per contenere i danni). Si tratta di banche che avevano la loro operatività prevalente in territori duramente colpiti dalla recessione».

Le porte girevoli

Visco interviene anche sul caso delle «porte girevoli», la vicenda che riguarda ex dipendenti di via Nazionale arruolati successivamente, come collaboratori o dipendenti, negli istituti (come Popolare di Vicenza). «Voglio ricordare che i nostri ispettori svolgono la propria attività nella veste di pubblici ufficiali e che in oltre 120 anni di storia della Banca d’Italia non ci risulta vi sia mai stato un ispettore che nell’esercizio della propria funzione si sia reso colpevole di omessa vigilanza, o sia stato condannato per corruzione o concussione».

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