Milano, 4 novembre 2017 - 22:41

Bassolino via dal Pd, la moglie resta. «Ma Antonio è stato maltrattato»

Annamaria Carloni: «Capisco mio marito, ma io non lascio il partito». L’ex sindaco: «Lei non ha passato quello che ho passato io, perciò lei resta e io me vado»

Antonio Bassolino e Annamaria Carloni Antonio Bassolino e Annamaria Carloni
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Lei, Annamaria Carloni, 62 anni, parlamentare Pd: «Capisco Antonio, ma io non lascio il Pd». Lui, Antonio Bassolino, 70 anni, due volte sindaco di Napoli, due volte governatore della Campania, ministro con D’Alema: «Annamaria non ha passato quello che ho passato io, perciò lei resta e io me ne vado». Lei e lui sono marito e moglie da molti anni, si sono conosciuti nel Pci, quando lui era nella segreteria nazionale e lei nel Comitato centrale, ma da qualche giorno, in quanto coppia, sono entrati ufficialmente tra coloro che l’amore unisce e la politica divide. Non come Hannah Arendt e Martin Heidegger, per carità. E neanche come Francesco Boccia e Nunzia De Girolamo, che un partito in comune non lo hanno mai avuto. Ma è un fatto: nonostante i tre figli e i sette nipoti, nonostante i molti abbracci e i molti sorrisi condivisi su Facebook, da quando lui ha deciso di non rinnovare la tessera «per le troppe scelte imbarazzanti» fatte dal Pd, e lei continua a stare dalla parte di Renzi e Martina, sebbene sempre più col secondo che col primo, la coppia è politicamente scoppiata. Per quanto possibile, però, ora entrambi minimizzano: un po’ per discrezione, un po’ perché - dicono- ne hanno viste di peggio.

«Non faccio di Bassolino un caso generale»

Ma se si sbagliassero? Se in una sinistra nuovamente divisa tra renziani, pisapiani, speranzani e forse grassiani, il loro caso fosse il caso di molti? Dice Bassolino: «Ci siamo già passati, e quello sì che fu un brutto momento. Successe dopo la svolta della Bolognina, nel febbraio del 1991. Bisognava dire sì o no allo scioglimento del Pci. Io dissi sì, Annamaria fu per il no». Dice Carloni: «È vero, fu un brutto momento, per la nostra come per molte altre famiglie di sinistra. Ricordo i lunghi silenzi di allora. E non solo...». Una volta, ricorda lei, a casa telefonò Aldo Tortorella che era per il no: chiese di me e neanche salutò Antonio. Fu l’inizio di uno tsunami emotivo. Per la prima volta, nella grande comunità-famiglia dell’ex Pci, succedeva qualcosa di inimmaginabile: l’antica amicizia non riusciva più a contenere il conflitto ideologico. E ora? Bassolino: «Ah, no. Ora io e Annamaria parliamo, eccome. L’unità familiare, almeno questa, non è minacciata». Carloni: «Il fatto è che al posto di Antonio io avrei fatto la stessa cosa. Antonio è stato maltrattato dal partito, messo letteralmente al bando». Non solo. Al Corriere del Mezzogiorno, lei ha anche detto che nel Pd «c’è un deficit di democrazia e di civiltà». E allora, perché rimane in un partito così? «Perché -risponde- sebbene nel Pd ci sia un serio problema di compressione del pluralismo interno, e tanto per dire ricordo che né sulla fiducia sulla legge elettorale né sul caso Visco si è discusso nei gruppi parlamentari, io non faccio del caso Bassolino un caso generale». Il 1991 è lontano. Ma forse non troppo.

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