Milano, 11 novembre 2017 - 06:39

Dopo la Sicilia, il Pd cala e sale M5S
Al centrodestra quasi metà dei collegi

Per i dem 6 punti persi in 6 mesi. FI, Lega e FdI con 252 seggi, (114 nell’uninominale)

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C’era molta attesa per le elezioni regionali siciliane, l’ultimo importante evento elettorale prima delle politiche del prossimo anno. Un’attesa elevata non solo per il risultato, ma per le indicazioni politiche che avrebbero potuto essere tratte in prospettiva nazionale, in termini di posizionamento politico, di alleanze e, soprattutto, di conseguenze sulle opinioni degli elettori.

Le motivazioni

Nonostante le elezioni amministrative abbiano una valenza prevalentemente locale, motivazioni di voto in larga misura legate a temi specifici e al profilo dei candidati e una diversa legge elettorale rispetto alle politiche, dobbiamo farcene una ragione: da molti anni invariabilmente ogni elezione rappresenta un test nazionale. Gli stessi italiani in larga misura (50%) ritengono che il voto alle regionali siciliane potrà avere rilevanza nazionale e conseguenze significative sullo scenario politico; al contrario solo il 35% lo considera solo una consultazione a carattere regionale. Gli elettori di centrodestra, galvanizzati dall’esito vincente, sono ancor più convinti della valenza nazionale del voto siciliano.

Le sorprese

La consultazione siciliana è stata seguita da quasi la totalità degli italiani (95%, di cui 43% con grande attenzione): è un dato che fa da contraltare alla scarsa affluenza alle urne che si è fermata al 46,8%. L’esito elettorale tuttavia non ha destato grandi sorprese: due italiani su tre (66%) se lo aspettavano, mentre il 15% pronosticava un risultato diverso. I meno sorpresi sono risultati gli elettori del Pd e di Forza Italia (entrambi 83%), i primi rassegnati alla sconfitta, i secondi molto ottimisti grazie anche al coinvolgimento in prima persona di Berlusconi a supporto di Musumeci.

Le opinioni

Le opinioni degli elettori italiani sul risultato elettorale in Sicilia sono piuttosto nette, vediamole in dettaglio: il 50% ritiene che Renzi ne esca indebolito e non possa più essere il candidato premier del Pd mentre per il 32% il segretario non ha responsabilità e rimane il principale riferimento alle prossime elezioni. Nettamente più severi nei confronti dell’ex premier gli elettori dei partiti avversari. Il 52% è convinto che il centrodestra è unito solamente in campagna elettorale ma è destinato a dividersi sui programmi di governo nazionale, mentre il 30% prevede che sarà in grado di portare avanti un comune programma di governo; anche in questo caso le opinioni dei diversi elettorati divergono nettamente: fiduciosi gli elettori di centrodestra, scettici gli altri.

Scenario tripolare

Il 51% pensa che il M5S non sia in grado di vincere e difficilmente potrebbe governare a livello nazionale, mentre il 33% considera il risultato siciliano un voto regionale che non preclude il successo alle politiche. Insomma, nello scenario tripolare prevalgono nettamente i giudizi negativi: Renzi è indebolito e non può essere il candidato premier, il centrodestra è profondamente diviso, il M5S non è in grado di vincere e governare. Queste sono le opinioni prevalenti.

La simulazione

Le intenzioni di voto rilevate dopo il voto siciliano fanno segnare qualche sorpresa rispetto a ciò che avviene di sovente all’indomani di una consultazione elettorale, quando gli elettori cambiano gli orientamenti premiando i vincenti e penalizzando gli sconfitti. Le polemiche sugli «impresentabili» e l’arresto per evasione fiscale del neo deputato siciliano De Luca eletto con Musumeci non fanno aumentare i consensi per il centrodestra vincente (che ha nel complesso il 36,5%), con l’eccezione di Fratelli d’Italia che aumenta lievemente passando dal 4,5% al 5,1%. Per gli stessi motivi (l’indignazione per gli impresentabili), nonostante la sconfitta il M5S aumenta di quasi 2 punti (ha il 29,3%), e non sembra risentire delle polemiche sulla mancata partecipazione di Luigi Di Maio al confronto televisivo con Matteo Renzi. Il Pd limita i danni, attestandosi al 24,3%, in flessione di 1,2%: la sconfitta era largamente attesa e i dem negli ultimi tempi avevano già subito una flessione nei consensi passando al 30,4% di maggio al 25,5% di fine ottobre. Lo stesso dicasi per Alternativa popolare, il partito di Lupi e Alfano alleato del Pd in Sicilia, che fa segnare una lieve flessione a livello nazionale (2,6% da 3,1%) e dei partiti alla sinistra del Pd (Mdp è al 2,8%). E l’astensione aumenta di un punto, sfiorando il 37%. Da ultimo la simulazione dei seggi che, va sottolineato, rappresenta un’approssimazione dato che non sono stati ancora definiti i collegi uninominali (abbiamo considerato circa 56.000 interviste distribuite nei collegi senatoriali del Mattarellum) e non sono state decise né le coalizioni né le candidature. Cionondimeno l’analisi fornisce una fotografia degli attuali rapporti di forza tra i soggetti in campo.

I dati

Secondo i dati Ipsos elaborati da Paolo Natale dell’Università di Milano, oggi il centrodestra (FI, Lega e FdI) conquisterebbe 252 seggi, di cui 114 nei collegi uninominali (quasi la metà); il M5S si attesterebbe a 173 seggi (di cui 63 uninominali), il centrosinistra (Pd e Ap, in attesa che la coalizione possa accogliere altri soggetti) a 164 seggi (di cui 54 collegi uninominali), e la sinistra a 23. Allo stato attuale non è chiaro se si stia profilando una competizione del centrodestra con il centrosinistra oppure con il Movimento 5 stelle. In ogni caso oggi nessuno avrebbe i numeri per costituire una maggioranza di governo. Pertanto, se l’auspicio era che le elezioni siciliane dessero risposte chiare in vista delle Politiche, l’esito appare piuttosto deludente: permane infatti una situazione di forte divisione e uno scenario di ingovernabilità. Siamo solo all’inizio della campagna elettorale ma, date le premesse, non c’è da stare allegri.

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