Milano, 26 novembre 2017 - 18:06

Fake news, chi è Andrea Stroppa: l’ex hacker consulente di Renzi. «Così sono finito sul New York Times»

Ha 23 anni, esperto di cybersecurity, racconta: «Ho scoperto che i siti pro Lega e M5S che diffondono le bufale hanno lo stesso codice Google, un’unica targa»

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Andrea Stroppa
Andrea Stroppa

«La propaganda digitale, che inventa o distorce la realtà a vantaggio di certi schieramenti politici, potrà condizionare in maniera decisiva il risultato delle prossime elezioni. Per scongiurarlo è fondamentale una forte collaborazione tra le istituzioni democratiche ed i colossi del web per contrastare con forza l’inquinamento della realtà: secondo il Censis il 35 per cento circa degli italiani si informa su Facebook». Andrea Stroppa, ex hacker di Anonymous Italia quando era ancora minorenne, oggi ha appena 23 anni ma è uno dei più contesi consulenti di sicurezza informatica di grandi imprese private ed istituzioni. Fino a poco tempo fa ha lavorato anche per una delle aziende di Marco Carrai, imprenditore del settore cyber security e miglior amico dell’ex premier Matteo Renzi. E proprio da una richiesta di Renzi è scaturito un articolo del New York Times che ha spiegato come le notizie rese virali su Internet e social network dal sito ufficiale della Lega e del M5S abbiano la stessa «targa», lo stesso mittente.

Stroppa, ci spiega come è andata?
«Matteo Renzi si è chiesto se anche in Italia ci sarebbero problemi simili a quelli emersi in altri paesi durante le elezioni (ad esempio in Francia con l’intrusione digitale di organizzazioni vicine a Putin a sostegno della Le Pen, ndr). Così ho scritto un lungo report e gliel’ho consegnato. Parte di questo documento è arrivato al Nyt, che dopo aver verificato l’attendibilità delle mie informazioni ha pubblicato un articolo per spiegare che allo stesso codice Google adsense e analytics appartenevano il sito ufficiale di Matteo Salvini e alcuni siti pro M5S. Grazie a questi codici si può tracciare il profilo di chi clicca su certi contenuti, ma soprattutto si riescono ad incassare i soldi, derivanti da tutti questi clic, Bizzarro, no?».

Per l’Italia, in base al suo report, c’è quindi una minaccia fuori dai confini nazionali?
«Non ho nessuna prova di interferenze dall’estero. Per me sono gruppi nostrani, sufficientemente abili da non avere bisogno di aiuti esterni».

La Casaleggio associati che ruolo ha in questa partita?
«Non lo so. Però sono contento che Luigi Di Maio abbia detto che bisogna fare chiarezza. Attendiamo».

Da esperto, come si vince questa battaglia contro le fake news?
«Innanzitutto credo che questo termine non renda bene l’idea. La definizione giusta è “digital propaganda”, che a seconda dei casi inventa di sana pianta notizie, come le fantomatiche cure miracolose per il cancro utilizzando tisane, o distorce informazioni verosimili, amplificandone i dati per ottenere l’effetto contrario».

Già, ma a Renzi cosa ha consigliato?
«Serve una grande collaborazione tra istituzioni e colossi del web. Purtroppo l’Italia non è la Germania: la Merkel prima delle elezioni, facendo valere il proprio peso politico in Germania ed in Europa, aveva chiesto a Google e Facebook di vigilare con attenzione sulla campagna elettorale, mentre sul piatto c’era l’istituzione della web tax. Il voto, poi, è andato come è andato, ma è stato importante affrontare il problema della digital propaganda con serietà. Ma bisogna essere consapevoli che questo tema non dovrà diventare un alibi in caso di sconfitta».

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