Milano, 15 ottobre 2017 - 07:38

Pd, il ritorno di «Walter» e i piani del segretario in campagna elettorale

Se c’è qualcuno che può convincere gli «orfani» di Prodi a tornare all’ovile, quello è lui, che il Pd lo ha fondato. Anche Renzi conosce bene il suo effetto sull’elettorato di sinistra

(Imagoeconomica) (Imagoeconomica)
shadow

È vero che, come dice lui, ormai la sua vita è «diversa». Non si occupa più di politica a tempo pieno. E ha finito di scrivere un nuovo romanzo, «Quando», che uscirà il nove novembre. Però è anche vero che la vita di Walter Veltroni «non sarà mai altrove». Il Pd è la sua casa. Tant’è vero che sorride quando gli si chiede se sia vero che da ora in poi avrà un ufficio tutto suo al Nazareno. «Quella stanza l’ho sempre avuta», spiega.

E ora che il partito ha bisogno di lui, Veltroni è tornato. Non per fare di nuovo politica in pianta stabile, certo. Ma perché sa che se c’è una persona che può arginare eventuali smottamenti a sinistra, se c’è qualcuno che può convincere gli «orfani» di Prodi a tornare all’ovile, quello è lui, che il Pd lo ha fondato. E infatti l’unico momento di orgoglio l’ex segretario lo ha quando ricorda gli oltre tre milioni e mezzo di italiani che lo votarono alle primarie di dieci anni fa. Fu un record, tuttora ineguagliato. Anche Matteo Renzi conosce bene l’effetto-Veltroni sull’elettorato di sinistra, termine questo che l’ex leader ripete più e più volte nel suo discorso. Perché, dice, «non bisogna avere paura di essere di sinistra». Perciò Renzi, che è deciso a contendere collegio per collegio alle «destre di Grillo e di Berlusconi» i voti, valorizzerà «Walter» in questa campagna elettorale, forse anche chiedendogli di candidarlo.

Sì perché l’ex segretario potrebbe giocare un ruolo chiave, in un momento in cui Mdp, ma anche i prodiani, stanno cannoneggiando sul quartier generale.
Nel suo intervento Veltroni tenta la prima opera di ricucitura chiamando due volte l’applauso (in verità tiepido) per quel Prodi di cui invece Renzi non pronuncerà mai il nome. Ma l’ex leader è anche, suo malgrado, l’anti-D’Alema. Ed è proprio al leader di Mdp che si riferisce quando ricorda che il governo Prodi cadde per colpa delle «divisioni», che insieme al «massimalismo» sono i «mali storici della sinistra». Ed è di nuovo a D’Alema che corre la mente di tutti in platea quando ricorda che, come ha fatto lui, «si può non avere più ruolo senza volere male alle persone con cui condividi degli ideali».

Eppure Veltroni, seppur nel suo stile, non è sempre tenero con la linea del Pd: ricorda che i «governi li deve scegliere il popolo e non i partiti» e mette in guardia dal fare «inciuci» con il centrodestra. Critica senza nominarlo il Rosatellum, e quando glielo si fa notare glissa e sorride. Ma comunque per l’ex segretario il Partito democratico è «una cosa grande e tutti lo dobbiamo difendere». Anche perché è sua convinzione che «senza Pd la sinistra non abbia prospettive».
Perciò bisognerà dare vita a una coalizione su una «piattaforma riformista», senza «le compagnie del passato». E senza cedere a quello che è solito chiamate il «demone della divisione». Già, quando «la sinistra si divide, vince la destra, è matematico». Appena termina di parlare è «standing ovation»: tutti in piedi a spellarsi le mani. E quando la manifestazione finisce, Walter Veltroni fatica a raggiungere moglie e figlia. C’è chi gli chiede un autografo, chi un parere, chi vuole fare un selfie con lui.


© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT