Milano, 19 ottobre 2017 - 21:30

Istituzionale o «populista»
La dura vita a zig zag
dei parlamentari del Pd

La rottura con la storia di «affidabilità» del Pci. «Responsabilità» e «istituzioni» erano parole chiave del partito di Togliatti

Enrico Berlinguer e Aldo Moro (LaPresse) Enrico Berlinguer e Aldo Moro (LaPresse)
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La dura, durissima vita del deputato Pd, uno dei 213 che ha votato la mozione che aveva come bersaglio il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Durissima vita ultimamente, tutta a zig zag: prima deve essere e apparire molto istituzionale contro gli attacchi dell’antipolitica, poi smette i panni super-istituzionali per dare una spallata alle istituzioni. Prima fa a gomitate sulla legge elettorale, poi dialogante sulla legge elettorale, poi di nuovo sbrigativo e ultimativo. Prima scatenato sullo Ius soli, poi tentennante, poi scatenato, poi tentennante, poi chissà. Prima sempre con il Quirinale, sempre a fianco delle istituzioni minacciate, adesso un po’ meno. Certo, si è sempre cambiata, aggiustata, rimaneggiata la linea in corso d’opera. Ma insomma, pur dentro un quadro sufficientemente stabile, dentro una continuità. Negli anni del compromesso storico e del terrorismo scatenato il Pci aveva assunto una linea di intransigente «responsabilità nazionale», ma nello stesso tempo poteva accanirsi contro l’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, che in seguito si dimostrerà del tutto estraneo alle accuse che il giornalismo militante e fazioso gli aveva attribuito. Ma la linea era quella, non si metteva in discussione ogni giorno il profilo di una forza politica. E tra qualche giorno, cosa farà il deputato Pd se il suo partito sarà costretto a una umiliante marcia indietro su Bankitalia, dovrà ricominciare le piroette?

L’epoca del compromesso storico

«Responsabilità», «istituzioni», «senso delle istituzioni nazionali» sono espressioni chiave del partito che fu forgiato da Palmiro Togliatti come partito a vocazione nazionale alla caduta del fascismo e con la nascita della democrazie repubblicana e della nuova Costituzione. L’epoca del compromesso storico e del terrorismo vide ancora una volta quel partito porsi a baluardo delle istituzioni quando nel ’77 fischiava un vento di violenza e di lotta armata. Con alti e bassi, con svolte e aggiustamenti restava l’idea di un partito affidabile, un argine di ragionevolezza a difesa delle istituzioni anche se sul piano ideologico persisteva la chimera di un cambio di sistema e addirittura di un suo rovesciamento rivoluzionario («riformista» era ancora una brutta parola in casa Pci, pudicamente sostituita dal termine «riformatore»). Nella componente democristiana, poi, anch’essa progenitrice del Pd, l’identificazione con le istituzioni era totale e senza riserve. Ora è tutto più ondivago, casuale, zigzagante. Se serve dare uno scrollone a Banca d’Italia, 231 deputati sono disposti a pronunciarsi in modo totalmente opposto a ciò che si predicava fino al giorno prima. La vita diventa difficilissima. Si predica che l’Italicum è una legge così bella che ce la invidieranno in tutto il mondo: perciò, fiducia al governo. Poi l’Italicum viene dichiarato incostituzionale nella parte sul ballottaggio, e allora torna l’ipotesi Mattarellum. Poi le altre forze politiche riluttano e allora si vira verso il proporzionale alla tedesca e si dichiara che questa sarà la legge che tutti ci invidieranno. Poi un banale incidente parlamentare e salta tutto. E adesso di nuovo fiducia al governo per approvare in fretta a furia la nuova legge elettorale (chissà).

La frattura con il Quirinale

Ma il vero problema nasce quando l’incertezza è tra lo schierare il partito come antagonista del «populismo» e fortezza delle istituzioni, oppure come concorrenza al «populismo» sul suo stesso terreno. Nella vicenda della Banca d’Italia è prevalso il secondo profilo, mentre fino a pochi giorni prima, e proprio sulla figura del Governatore Ignazio Visco, era apparso un Pd orgogliosamente a difesa delle istituzioni e contro il tentativo dei Cinque Stelle di mettere sul banco degli imputati la Banca d’Italia, sezione italiana della Banca europea. Il risultato è una frattura con il Quirinale, una tensione con il governo di cui il Pd, partito del 25 per cento che gode di uno straordinario bonus di deputati, è parte decisiva e integrante. Una rottura con la propria storia. Una nuova storia, a zig zag.

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