Milano, 19 ottobre 2017 - 22:08

La stanchezza di Pisapia che ora non sa più da dove ripartire. «Lascerà»

Il fedelissimo Tabacci: «Giuliano disamorato, è molto vicino a mollare». Il portavoce: «L’ex sindaco è in campo per un centrosinistra di governo ampio e inclusivo»

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Magari non è «molto vicino a mollare», come lo ha descritto Bruno Tabacci. Ma certo Giuliano Pisapia non ha un umore allegro in questi giorni e il «disamore» verso il progetto unitario, di cui ha parlato il presidente di Centro democratico a Un giorno da pecora è forse persino poco rispetto al groviglio di stanchezza, disillusione e frustrazione che l’avvocato sta coltivando nei confronti di quella chimera inafferrabile che è ormai il centrosinistra: «Non sopporto più i veti incrociati e i meccanismi autoreferenziali». L’ultima goccia che rischia di far traboccare un vaso già colmo di amarezza è stata la mossa di Matteo Renzi contro il governatore Visco, che ha sconcertato Pisapia e allontanato la prospettiva di un’alleanza con il Pd. «Renzi ne fa una al giorno — ha confidato l’ex sindaco ai collaboratori — Se va avanti a strappi, per inseguire i cinquestelle, il dialogo rischia di diventare impossibile». Non solo con il segretario, ma anche con i suoi luogotenenti. Quattro giorni fa Matteo Orfini ha dichiarato che il modo di ragionare di Pisapia gli ricorda quello di vent’anni fa, quando «micro partitini ponevano veti sulle leadership». Parole che certo non hanno fatto piacere al diretto interessato.

Tacere o smentire?

A lacerare il lato sinistro di una tela faticosamente tessuta nell’arco di mesi era stata, prima ancora, la plateale rottura con Bersani ed Errani davanti ai militanti di Ravenna. Una serata il cui ricordo ancora amareggia Pisapia. In mezzo a questi due fuochi, il leader di Campo Progressista cerca una via d’uscita e una nuova strategia per riprendere il viaggio. «Le difficoltà sono evidenti, ma lo spazio elettorale c’è e io vado avanti», ha rassicurato al telefono i suoi parlamentari. Che fare, dopo l’uscita di Tabacci che molto ha «indispettito» il leader? Tacere, o smentire? Alla fine di un sofferto giro di conversazioni si è deciso di affidare la versione ufficiale a una nota, firmata dal portavoce Alessandro Capelli: «Vogliamo contribuire a cambiare e migliorare questo Paese e non possiamo certo fermarci adesso». Pisapia ha convocato i fedelissimi per lunedì a Milano. La riunione servirà a decidere «come» riprendere la navigazione, ma non è detto che il «se» sia del tutto scongiurato. La rotta, almeno sulla carta, è nella formula usata da Massimiliano Smeriglio: «Un profilo di unità e coalizione del centrosinistra, ma senza liste civetta, né nicchie della sinistra minoritaria».

Tensioni fortissime

Riconfortato dalle critiche di Giorgio Napolitano e dal lavoro di ricucitura avviato da Walter Veltroni, Pisapia aspetta con ansia il verdetto del 5 novembre in Sicilia. Al vertice di Campo progressista quella data è vissuta come uno spartiacque. Si teme «la catastrofe elettorale», ma al tempo stesso si spera che la paventata sconfitta di Renzi riapra i giochi delle alleanze, rafforzando nel Pd il partito trasversale degli anti—renziani. «Non ci vogliamo arrendere — assicura Marco Furfaro — Non possiamo lasciare il Paese in mano alla destra, né ritirarci nello sconfittismo della sinistra». Le tensioni tra le varie anime di una sinistra in coriandoli restano fortissime, eppure qualcosa sembra impercettibilmente muoversi. Il dialogo tra Campo progressista ed Mdp in realtà non si è interrotto e ai collaboratori di Pisapia non è sfuggita la discussione tra bersaniani e dalemiani, sull’opportunità di aprire a Renzi per andare a vedere le sue carte. Ai dirigenti dem, Ciccio Ferrara non si stanca di chiedere un segnale di apertura: «Sembrerà un appello disperato, ma io mi auguro che al Senato non mettano la fiducia sulla legge elettorale e inseriscano il voto disgiunto».

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