Milano, 21 ottobre 2017 - 23:27

Il derby nel governo pro o contro Visco. Il premier temporeggia per smussare gli attriti

La scelta del governatore di Bankitalia si è trasformata in una sorta di referendum «pro» o «contro» Visco. Dal governo si fa trapelare che sul nome del numero no di Palazzo Koch «è ancora tutto aperto»

Da sinistra in senso orario i governatori di Banca d’Italia che si sono succeduti nel tempo: Stringher, Azzolini, Einaudi, Menichella, Carli, Baffi, Ciampi, Fazio e Draghi Da sinistra in senso orario i governatori di Banca d’Italia che si sono succeduti nel tempo: Stringher, Azzolini, Einaudi, Menichella, Carli, Baffi, Ciampi, Fazio e Draghi
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Renzi continua a far fuoco sul quartier generale. Così un delicato passaggio istituzionale è diventato un’eclatante vicenda politica. La scelta del governatore di Bankitalia si è trasformata in una sorta di referendum «pro» o «contro» Visco. E l’effetto prodotto è stato quello di inceppare i meccanismi di nomina, intromettendosi nelle prerogative del presidente del Consiglio e del capo dello Stato. Ecco quali sono le conseguenze di un dibattito parlamentare giudicato «improprio» in modo ormai bipartisan, e che chiama in causa pubblicamente la presidenza della Camera, sulla quale vengono scaricate le responsabilità. L’affaire delle mozioni sarà consegnato alla storia con un epiteto di commento sfuggito a Gentiloni,«che caz...ta», unico suo brandello di voce di cui si ha testimonianza. Per il resto — nonostante ascolti il crepitio dei colpi renziani — il premier non ha interesse a replicare, impegnato com’è a trovare una soluzione per nulla facile. E non c’è dubbio che la scelta del prossimo governatore — da concordare preventivamente con Mattarella — andrà fatta prima di entrare in Consiglio dei ministri, per impedire che le tensioni politiche si riproducano nella riunione di palazzo Chigi.

«Atti dovuti»

Anche perché nell’esecutivo albergano un caleidoscopio di posizioni, le stesse che dividono il Pd. E le dinamiche sono, appunto, quelle tipiche di un referendum: c’è chi è a favore della conferma, chi è contro, chi auspica un passo indietro di Visco come gesto di responsabilità, e chi — come Ap — prova a tenere insieme Gentiloni e Renzi. Un’impresa. «La Banca d’Italia non è un’enclave», ha detto ieri Alfano: «Ma va tutelata la sua autonomia. Aspettiamo la proposta del presidente del Consiglio e del ministro dell’Economia». Già, perché Padoan — che si adopera con il premier e si è sentito in questi giorni con Visco — ha comunque un ruolo nella faccenda. Ma c’è soprattutto Mattarella, che non può accettare di veder compressi i suoi ambiti. di competenza Perché è vero che ci sono decreti presidenziali e decreti presidenziali, però tra i cosiddetti «atti dovuti» non c’è la nomina del governatore di Bankitalia. L’irritazione del Colle non è solo legata alla querelle politica, che indirettamente finisce per coinvolgere il capo dello Stato. Il blitz di Renzi alla Camera, infatti, compromette anche una serie di equilibri e un percorso di fine legislatura che annovera il disbrigo di vari adempimenti e di altre scelte da fare, oltre quella su palazzo Koch.

Il tempo corre

Ecco il ginepraio in cui si trova Gentiloni. Dal governo si fa trapelare che sul nome del governatore «è ancora tutto aperto», ma lunedì sera — vigilia del dibattito alla Camera — era già tutto chiuso: c’era il nome di Visco. Adesso il premier è costretto a valutare pro e contro di un referendum causato da un «inopinato» passaggio parlamentare. Decidere di cambiare in corsa non è facile. Non era stato un caso se alle «Considerazioni finali» pronunciate da Visco a fine maggio aveva presenziato — fatto senza precedenti — il presidente della Bce Draghi, che ha consigliato al suo successore in via Nazionale di non fare passi indietro. Per l’altro verso, se Gentiloni decidesse di puntare sulla «continuità», dovrebbe mettere in conto gli effetti politici della scelta, cioè la reazione del leader democrat. È possibile che il premier stia prendendo tempo per stemperare la tensione e arrivare alla soluzione. Peraltro Berlusconi, che sembrava muoversi in sintonia con Renzi, ne ha preso le distanze e si è posto su una linea più quirinalizia. Ma il tempo corre, il referendum non contempla il pari , e al di là della mozione degli affetti verso «l’amico Paolo», il segretario del Pd fa capire di voler continuare a cavalcare il tema in chiave elettorale.

«Al fianco dei risparmiatori»

E continua a far fuoco sul quartier generale, spalleggiato come sempre da Orfini che ieri ha tentato di appiccare l’incendio anche nella Commissione d’inchiesta sulle banche, chiedendo che vengano «desecretati gli atti di Bankitalia»: una roba da codice penale che ha fatto drizzare i capelli al presidente Casini. «Noi siamo al fianco dei risparmiatori e contro l’attuale assetto di potere della finanza», dice Renzi, che punta l’indice contro la mancata vigilanza dell’Istituto centrale per il crac delle banche popolari, convinto dai sondaggi di avere il consenso della pubblica opinione. Un’operazione ad alto rischio: poche volte si è visto un leader danzare sul proprio tallone d’Achille.

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