Milano, 26 ottobre 2017 - 10:38

Sì del Senato, il Rosatellum è legge
Verdini: «È solo merito nostro»
Rosatellum, come funziona - Scheda

Il capogruppo di Ala rivendica il ruolo nella maggioranza: «Ci siamo sempre stati e ci saremo ancora. Siamo come 14 ministri senza portafoglio». Il sì con 214 voti

Denis Verdini e il gruppo dei senatori di Ala (LaPresse) Denis Verdini e il gruppo dei senatori di Ala (LaPresse)
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Il Rosatellum diventa legge. Con 214 voti favorevoli e 61 contrari, oltre a 2 astenuti, l’aula del Senato ha dato il via libera definitivo al nuovo sistema elettorale misto, che prevede una ampia quota proporzionale e una parte di seggi attribuiti con collegi uninominali maggioritari. Il numero dei voti contrari è esattamente lo stesso di quelli registrati nella giornata di mercoledì per i voti di fiducia chiesti dal governo. Fiducia ottenuta al prezzo di una modifica sostanziale della maggioranza che sostiene l’esecutivo: formalmente fuori i parlamentari di Mdp, di fatto dentro quelli di Ala. Insomma, esce Bersani ed entra Verdini. Ma per molti era già così.

Orgoglio verdiniano

Lo stesso ex braccio destro di Berlusconi ha sottolineato l’importanza del ruolo avuto dalla sua piccola pattuglia di ex, in questo e in molti altri casi. E ha spiegato che dal suo punto di vista non si tratta della nascita una nuova maggioranza, perché «noi già c’eravamo, ci siamo e ci resteremo sino alla fine». «Rivendico con orgoglio tutto quello che abbiamo fatto - ha sottolineato nel suo intervento a Palazzo Madama, in cui ha paragonato i senatori di Ala a «14 ministri senza portafoglio» -, a partire dal ruolo di supplenza che abbiamo svolto ignorando gli stupidi strali che ci arrivavano quotidianamente. Avremmo votato anche la stepchild adoption così come voteremo il testamento biologico e abbiamo contribuito con orgoglio anche al mantenimento dei conti pubblici». Mentre parlava Verdini, i senatori del M5S - già protagonisti mercoledì di una rumorosa mobilitazione dentro e fuori il palazzo - sono usciti dall’aula.

Tempi record

Anche se di riforma della legge elettorale si è parlato per l’intera legislatura e con un nulla di fatto, visto il naufragare dei progetti via via proposti - a partire dall’Italicum di Renzi -, il Rosatellum approda in porto in tempi che per la politica sono da considerarsi record: 35 giorni, sabati e domeniche compresi, dal 21 settembre, quando il Pd ha depositato il testo base in commissione Affari costituzionali alla Camera. Nel corso dell’iter il governo ha posto per otto volte la fiducia: tre per il passaggio a Montecitorio e cinque, appunto, per quello a Palazzo Madama. Il testo finale approvato è in realtà una versione «bis» di un primo disegno di legge presentato dal capogruppo Pd Ettore Rosato, da cui ha tratto il nome: dopo il fallimento del cosiddetto «tedeschellum» a giugno, un’intesa tra lo stesso Pd, Forza Italia, Ap e Lega (che ancora oggi ha ribadito di aver votato «turandoci il naso») ha portato al nuovo testo per scongiurare che il prossimo voto avvenisse con la vecchia legge elettorale (il cosiddetto Porcellum), rimaneggiata dopo la sentenza della Corte Costituzionale che aveva ritenuto illegittimo il premio di maggioranza. Quello che ne era venuto fuori era sostanzialmente un sistema proporzionale che non avrebbe garantito la formazione di una maggioranza. Di qui la scelta di dare vita ad una nuova legge. Dopo l’approvazione in Parlamento, l’ultimo passaggio è la promulgazione da parte del presidente della Repubblica: il M5S chiederà a Mattarella di non firmare (i pentastellati giudicano il nuovo testo incostituzionale e sostengono che si sia trattato di una manovra contra personam, finalizzata solo a penalizzare il Movimento), escludendo per ora manifestazioni sotto il Quirinale ma auspicando un incontro a breve con il capo dello Stato.

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