Milano, 25 ottobre 2017 - 22:11

Zaia frena sullo statuto speciale
Le divisioni con Maroni e Salvini

Il governatore veneto: impegno morale. L’imbarazzo del leader prima del tour in Sicilia

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«La questione dello statuto speciale è per me un impegno morale. Anche per evitare che un domani qualcuno possa venirmi a dire che io non l’ho richiesto». Luca Zaia parla di fronte al Consiglio regionale veneto. La sua decisione di mettere sul tavolo, all’indomani del referendum sulle autonomie, anche un disegno di legge per cambiare la Costituzione ha spiazzato tutti. Letteralmente tutti. Non soltanto il segretario leghista Matteo Salvini, non soltanto il governatore lombardo Roberto Maroni, che si sono entrambi detti all’oscuro dell’iniziativa del loro compagno di partito. Persino in Veneto tutti giurano di non averne saputo nulla.Anche perché lo statuto speciale era già stato bocciato dalla Corte costituzionale del 2015. E c’è chi giura che comunque a Zaia non sia mai andato a genio fin in fondo: fu il cavallo di battaglia con cui il suo predecessore, Giancarlo Galan da Forza Italia, aveva cercato di contrastare la diffusione del verbo leghista.

Le competenze

E così, Zaia è attentissimo a separare la questione dello statuto veneto dalla trattativa con lo Stato per ottenere maggiori competenze. Il tono è energico ma il messaggio non di rottura. Comincia da Bruno Vespa, l’altra sera, spiegando che «qualcuno ha dato altri contenuti a un ddl d’iniziativa regionale per lo statuto speciale che non c’entra nulla con il referendum». Anche se la presentazione contestuale alla richiesta di autonomie è stata un colpo ad effetto non casuale, il governatore chiarisce di non pensare a escalation: «Il referendum non è una fase propedeutica ad altro, non ci sono altri obiettivi».

Il Consiglio regionale

Inoltre, ieri, parlando all’aula di Venezia il governatore ha riconsegnato la palla dello statuto speciale al Consiglio regionale, che dovrà approvare la richiesta prima che possa proseguire il suo difficile viaggio verso il Parlamento: «Questo è un cammino diverso e disgiunto da quello indicato nel disegno di legge per l’autonomia. Sarà il Consiglio regionale a decidere se e come proseguirlo». La legge sullo statuto supererà il voto dell’Aula? In molti non ne sono convinti. In ogni caso, il governatore lo ha detto e ribadito: «Il Consiglio è sovrano». E comunque finisca, lui all’«impegno morale» avrà tenuto fede.

Lo scompiglio

È però certamente vero che l’iniziativa del presidente veneto ha gettato scompiglio anche in Lega. Ieri la formula più usata era «effetto rebound». Come la sospensione di un farmaco può provocare la recrudescenza del sintomo, la svolta nazionale di Salvini potrebbe determinare, per qualche tempo dopo i referendum, un riaccendersi del nordismo. C’è anche chi si spinge a immaginare che presto si ricominceranno a vedere i fazzoletti verdi e altri vecchi simboli. Non certo perché Salvini intenda recedere dalla svolta nazionale, in ogni caso. Gianni Fava, assessore lombardo nonché rappresentante della minoranza indipendentista nella Lega, ammette che Zaia lo abbia fatto sognare: «Guardo al Veneto con invidia. E credo, come Bossi, che l’autonomia sia alternativa all’indipendenza». Ma ammette che «un quesito indipendentista in Lombardia non avrebbe certo ottenuto tre milioni di voti».

La richiesta

Però, la parola d’ordine ora è lasciar passare il momento concitato. Se qualcosa ci fosse da dire — Zaia non era particolarmente soddisfatto dalla pubblica presa di distanza di Maroni dallo statuto speciale veneto — ci sarà occasione di farlo al consiglio federale di domani. Peraltro, nemmeno Salvini aveva bisogno della fiammata innescata dai referendum — e tantomeno dalla richiesta di statuto speciale — a poche ore dal suo viaggio in Sicilia, attentamente preparato. E infatti, ieri il segretario ha ribadito che i referendum «sono una grande opportunità per 60 milioni di italiani, non solo per veneti e lombardi».

I dubbi

E Maroni vuole che non ci siano dubbi. Sulla sua pagina Facebook da ieri campeggia una foto in cui è ritratto fianco a fianco di Zaia: «Non c’è alcun dissidio. Ho cambiato la foto per sottolinearlo». Ma può accadere che la Lombardia sieda con l’Emilia ma senza il Veneto al tavolo con il Governo? Maroni spera di no: «Il sottosegretario Bressa mi ha detto che il governo è disponibile ad aspettare che Lombardia e Veneto concludano le loro procedure, prima di partire anche con l’Emilia. Ponendomi però come termine la settimana che inizia il 6 novembre». L’iter previsto dal Veneto però sembra richiedere più tempo: «La procedura adottata è più complicata — ammette Zaia — ma più rispettosa della legge. Il tempo perso prima lo recupereremo dopo».

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