4 aprile 2018 - 22:22

Toti invoca democrazia: lo statuto albertino di FI. Da Sardone a Donazzan, le ribellioni sul territorio

il caso forse più clamoroso è in Veneto. Dove la fuoriclasse del partito Elena Donazzan, 22mila preferenze alle ultime regionali e apprezzato assessore al lavoro, è stata prima esclusa dalle liste per le Politiche

di Marco Cremonesi

Da sinistra, Silvia Sardone, Adriano Palozzi ed Elena Donazzan Da sinistra, Silvia Sardone, Adriano Palozzi ed Elena Donazzan
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Lei, Silvia Sardone, dice di essere in attesa di una risposta dal suo partito, Forza Italia: «Poi, sulla base di quelle, prenderò le mie decisioni. Lo devo ai miei elettori». Il suo è il caso che ha innescato la scintilla: 11mila preferenze alle regionali, arma segreta del marito Roberto Di Stefano nell’espugnare l’anno scorso la ex roccaforte rossa di Sesto San Giovanni, all’ultimo momento è stata cancellata dalla lista degli assessori lombardi. E così pone il problema «del merito e del lavoro sul territorio che il mio partito non sembra valorizzare». Impossibile un suo passaggio nelle fila leghiste? «Io sono in Forza Italia da quando avevo 16 anni e non l’ho mai fatto per la poltrona. Ma devo capire dalla risposta del partito se esiste ancora uno spazio». Il suo caso è tutt’altro che isolato. In Regione Lazio, il recordman delle preferenze (14.561) Adriano Palozzi ieri ha clamorosamente battuto nel voto in aula il candidato ufficiale del suo partito per la vicepresidenza del Consiglio: «Avrei potuto perdere, la mia è stata una battaglia contro la logica delle imposizioni e dell’arroganza». Lui nel partito crede ancora, «ma deve essere rifondato. Siamo entrati in una fase di ristagno che non può durare».

«Questa volta è stato particolarmente fastidioso»

Ancora in Lombardia, a Voghera, il sindaco Carlo Barbieri aveva vinto con Forza Italia e alcune civiche anche contro la Lega e Fratelli d’Italia. Eppure, il suo partito non ha ritenuto di candidarlo alle Politiche: «Se il partito non premia chi porta consenso il futuro non mi pare roseo». Lui resta con convinzione in Forza Italia: «Ma la concorrenza della Lega, che punta senza esitazioni sul territorio, si fa sentire». Ma il caso forse più clamoroso è in Veneto. Dove la fuoriclasse del partito Elena Donazzan, 22mila preferenze alle ultime regionali e apprezzato assessore al lavoro, è stata prima esclusa dalle liste per le Politiche. Poi, a dispetto dei sondaggi dei giornali che la indicavano come il candidato sindaco più forte per Vicenza, il suo partito le ha preferito Fabio Mantovani. «Questa volta è stato particolarmente fastidioso — ammette lei —. Ma il punto non è il mio nome. Con le elezioni del 4 marzo è nata davvero la Seconda Repubblica. A questo punto, Forza Italia deve capire dove vuole andare. Altrimenti, continueremo a perdere voti». Per lei, croce celtica al collo, l’approdo nella destra salviniana non parrebbe uno shock culturale: «Ma se potessi scegliere, vorrei essere parte della fondazione del nuovo partito unico del centrodestra».

Toti: «Io ci credo»

Appunto, il partito unico. Chi ne parla da tempo è il governatore ligure Giovanni Toti: «Io ci credo. Ma in attesa di quello mi sembra difficile prescindere da una ristrutturazione di Forza Italia». Però, Silvio Berlusconi ha già parlato di un incarico del genere per Antonio Tajani: «È vero, ma io non credo che la soluzione possa essere la nomina dall’alto di un dirigente, anche se di grande valore». Secondo Toti, ci vuole «qualcosa di simile alla promulgazione dello Statuto albertino». Nel senso che «Forza Italia è e resterà un partito monarchico, con re Silvio Berlusconi. Ma come nello Statuto savoiardo, ai poteri del sovrano si possono affiancare ampi spazi di democrazia per gli amministratori e i dirigenti».

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