6 aprile 2018 - 13:21

Salvini salirà al Quirinale con Berlusconi. Di Maio: deve dire se vuole il cambiamento

La mossa del leader leghista per ricompattare la coalizione del centrodestra e rimettere in gioco Berlusconi. Per il Pd dialogo impossibile con il M5Stelle Martina, reggente del Pd: «Finiscano i tatticismi»

di Antonella De Gregorio

Maurizio Martina (Ansa) Maurizio Martina (Ansa)
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Sì al dialogo con i Cinque Stelle («Chi dice di no sbaglia»). No ai veti. Dopo il primo giro di consultazioni - concluse con un nulla di fatto - Matteo Salvini ribadisce che un governo è possibile solo con «un centrodestra unito con il M5S». E per questo il leader della Lega anticipa che chiederà a Berlusconi e a Meloni di andare al Quirinale insieme «per avere un'unica voce, per partire dal nostro programma, dal voto degli elettori». Il Cav fa in un primo tempo ha fatto trapelare che ci avrebbe «riflettuto nei prossimi giorni sulla proposta» di andare al Colle con la coalizione unita, per il secondo giro di consultazioni. Successivamente, in una nota, Berlusconi ha ufficializzato: «Alle prossime consultazioni il centrodestra si presenterà unito con Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi». Una scelta, quella offerta da salvini e raccolta da Berlusconi, che rimette in discussione la posizione finora centrale di Luigi Di Maio con M5S.

Meloni: «Governo M5S-centrodestra possibile»

Anche Fratelli d'Italia accoglie positivamente la proposta del segretario della Lega, ricordando che è stata la stessa Giorgia Meloni a proporre, al termine del suo colloquio con Sergio Mattarella, mercoledì scorso, che il centrodestra si presenti con delegazione congiunta . «Basta con i veti. Bisogna dialogare con i Cinque Stelle e chi dice di no sbaglia», aveva detto poco prima Salvini al Tg2. «Un governo centrodestra-Cinque Stelle è possibile, non vedo l'ora di cominciare a lavorare. Con i veti, con i no, con le antipatie non si va lontano, c'è un Paese che deve ripartire. Noi non facciamo capricci, vogliamo solo passare ai fatti». Salvini puntualizza poi: «Non con il Pd» e «piuttosto che inciuci o governicchi, la parola torni agli elettori».

Toti: «Nessuna fronda»

Immutata anche la posizione dei 5 Stelle, con Luigi Di Maio che continua a chiudere a Forza Italia, proponendo un contratto con Lega o Pd. Dopo il gelo calato su Forza Italia dopo le parole del M5S, sono arrivate le repliche: il deputato Francesco Paolo Sisto critica la «mancanza di lealtà politica» del Movimento: «Una coalizione non è fatta di "vincoli" ma della condivisione di un progetto e di un percorso per il Paese», ha detto. Mentre Deborah Bergamini, responsabile Comunicazione del partito, intervenendo ai microfoni di Rai Radio 1 ha affermato che «per Forza Italia esiste la possibilità di costruire un governo che abbia una piattaforma concordata e metta in sicurezza i nostri conti, viste anche le scadenze a breve, come le clausole di salvaguardia, solo se non si fa prevalere la logica dei veti ma quella dell'interesse nazionale». Mentre a smorzare voci di divisioni interne il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti: «Nessuna fronda», dice, commentando le indiscrezioni che lo vorrebbero capo di una corrente pronta a sostenere dall'esterno un Governo Salvini-Di Maio.

Divisioni

In casa dem è Graziano Delrio a chiudere la porta in faccia a Di Maio: «Non abbiamo la stessa idea di Paese. Sarebbe trasformismo» dice, liquidando la proposta. Mentre il reggente, Maurizio Martina, aveva ribadito l'impossibilità di un confronto Pd-M5S, affidando a Twitter il suo pensiero: «Caro Luigi Di Maio, noi non ci prestiamo a questi giochetti. Chi tenta di dividere il Pd non ci riuscirà». «Leggo che il capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle ritiene il Pd “responsabile del fallimento delle politiche di questi anni”. È chiaro che queste parole dimostrano l’impossibilità di un confronto con noi».

«Renzi lasci lavorare Martina»

Ma il Pd è tutt'altro che unito, in questo momento. Gli umori traspaiono dalle parole del ministro della giustizia del governo uscente, Andrea Orlando, che parlando con i giornalisti manda a dire a Matteo Renzi di «lasciar lavorare Martina»: «Se ritiene che la colpa di questa sconfitta non sia la sua, che sia la mia o dei cambiamenti climatici, allora deve decidere di ritirare le proprie dimissioni e continuare a esercitare il mandato avuto dagli elettori. Se invece, come ha detto, si assume non dico tutta la responsabilità ma almeno una quota significativa, e ne trae come conseguenza quella di arrivare alle dimissioni, allora deve consentire a chi pro tempore ha avuto l'incarico di poterlo esercitare», ha affermato. Mentre Gianni Cuperlo, commentando a «Omnibus» su La7 l'incontro segreto di ieri tra Renzi e alcuni fedelissimi, come Boschi, Bonifazi e Delrio, senza il segretario Martina, mette in guardia dal rischio di «indebolire ulteriormente il partito», in un passaggio così delicato e «di non fare un servizio a quella persona che è Maurizio Martina, che si è assunto l'onere e la responsabilità di gestire questa transizione. Non possiamo trasmettere l'idea che ci siano due canali paralleli di direzione politica e di scelta».

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