10 febbraio 2018 - 11:34

L'errore di Giorgia Meloni: ricorda le Foibe (ma la foto mostra un plotone italiano che fucila 5 civili sloveni)

In occasione del 10 febbraio, Giorno del Ricordo dedicato alla memoria delle vittime delle foibe, il presidente di Fratelli d’Italia utilizza un'immagine che testimonia il contrario di quello che si vuole celebrare

di Silvia Morosi

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«A Orvieto l’amministrazione Pd è impazzita e ha concesso il patrocinio ad una iniziativa negazionista delle foibe. Il sindaco Giuseppe Germani abbia la decenza di dimettersi perché è indegno di ricoprire il suo ruolo e chieda scusa per questo indegno oltraggio al popolo italiano». Così su Twitter la presidente di Fratelli d’Italia e candidato premier, Giorgia Meloni, bacchetta il Pd di Orvieto per aver «patrocinato» un incontro che nega la verità storica delle foibe, in occasione del Giorno del Ricordo, il 10 febbraio. Peccato che nella fotografia postata (poi cancellata e sostituita, ndr.) non siano ritratte le vittime dei titini, ma alcuni contadini sloveni, fucilati da un plotone di soldati italiani, a Dane (oggi nel comune di Loska Dolina, alcune decine di chilometri a Sudest di Lubiana), il 31 luglio del 1942. Un'immagine che testimonia esattamente il contrario di quello che si vuole celebrare: non un gesto di violenza partigiana. Nei libri di storia le cinque vittime sono ricordate come Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec. Non è la prima volta che proprio questa immagine viene utilizzata, nei manifesti degli eventi organizzati in occasione della «Giornata del Ricordo», presentando gli ostaggi sloveni come italiani vittime degli slavocomunisti. Anche Francesco Storace, ex governatore del Lazio, ex candidato sindaco a Roma e fino al febbraio 2017 alla guida de «La destra», utilizzò la stessa foto nel 2016.

La Giornata del Ricordo

Nel 2005 gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare il «Giorno del Ricordo», in memoria dei quasi ventimila uomini torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda Guerra mondiale. È in quelle voragini dell'Istria che tra il 1943 e il 1947 vennero gettati, vivi e morti, i fascisti e gli italiani non comunisti, considerati «nemici del popolo». Una violenza che aumentò nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupò Trieste, Gorizia e l'Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenarono contro gli italiani: fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini, come racconta Graziano Udovisi, l'unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. Una carneficina che testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. Nel febbraio del 1947 l'Italia ratificò il trattato di pace che poneva fine alla Seconda Guerra mondiale: l'Istria e la Dalmazia vennero cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformarono in esuli. Per quasi cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica ha avvolto questa vicenda: una ferita ancora aperta che, il 10 febbraio del 2005, il Parlamento italiano ha deciso di ricordare appunto con la Giornata del Ricordo.

Lo screenshot originale dell’immagine postata Lo screenshot originale dell’immagine postata

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