12 gennaio 2018 - 22:25

Asse sul Lazio ma non in Lombardia La sinistra respinge gli appelli dem

Via alla trattativa Grasso-Zingaretti. Per il Pirellone Liberi e uguali punta su Rosati. Gori: «Le critiche a me? Solo un pretesto: i loro elettori sono meglio dei dirigenti»

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«L’assemblea di Milano ha detto no a Giorgio Gori, ma da qui al 28 gennaio tutto può ancora succedere...». La frase lasciata cadere dallo sherpa di Sinistra italiana Paolo Cento conferma che la porta delle Regionali, che divide il Pd dalla sinistra di Pietro Grasso in Lombardia, non si è ancora del tutto chiusa. «Spero che uno spiraglio di trattativa ancora ci sia, perché noi non nutriamo pregiudiziali e vogliamo che il no sia politicamente spiegato», è il messaggio di Miguel Gotor ai «compagni lombardi». Per adesso è la linea del doppio binario a riportare la pace dentro Liberi e uguali, ma la politica si fa giorno dopo giorno, notte dopo notte e nulla, nemmeno un niet che sembra scolpito nel marmo, può dirsi scontato. «Sul nazionale non c’è accordo, credo che se in Lombardia e Lazio c’è l’accordo su Gori e Zingaretti sia un fatto positivo — spera ancora Matteo Renzi a Radio Anch’io —. Ma non sono in grado di influenzare un partito che notoriamente non mi ama». In Lombardia la sinistra corre da sola e candida il consigliere regionale Onorio Rosati.

Nel Lazio invece l’intesa è ormai blindata. Dopo tre ore di (sofferta) assemblea i Liberi e uguali della Regione governata da Zingaretti affidano a Grasso il mandato di incontrare il presidente uscente, per verificare le condizioni di un accordo. L’incontro, trapela dallo staff del presidente, «potrebbe avvenire anche oggi stesso». La decisione di sostenere il candidato del Nazareno è presa da giorni, ma Grasso non vuole scavalcare i livelli locali e procede per gradi. «Fatemi entrare e vedrete — risponde ai giornalisti mezz’ora dopo le sei del pomeriggio, sull’uscio della sala di via Buonarroti —. Ascolterò e rispetterò quello che sarà detto in assemblea». Il primo atto è la proposta di portare «i punti programmatici a un confronto serrato», scandita tra gli applausi dal presidente dell’assemblea Piero Latino. Segue dibattito difficile, con Stefano Fassina che avverte: «Se facciamo l’ammucchiata attorno al Pd senza una discontinuità non portiamo un voto».

I più arrabbiati sono i delegati di Si, che invocano un «confronto duro» su sanità, piano rifiuti, cura del ferro, un’azione «più incisiva» sulle crisi aziendali e reddito minimo garantito per i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo. Alle 21, dal palco, Grasso ufficializza il via libera: «Faccio mie le richieste dell’assemblea, andrò a parlare con Zingaretti per avere conferme su programma e profilo della coalizione». A Cinisello Balsamo, dove si tiene l’assemblea lombarda, la tensione nei confronti dei democratici è tanta e quando prende la parola il capogruppo di Mdp alla Camera, Francesco Laforgia, parte la bordata verso i padri nobili del centrosinistra: «Il loro appello mi ha strappato un sorriso amaro, perché si fanno gli appelli ma non si muove mai una critica verso chi ha devastato quel campo». Applausi. E quando Laforgia lancia la candidatura di Onorio Rosati, scatta la standing ovation. Per Giorgio Gori è una porta in faccia, che arriva dopo giorni di critiche pesanti da parte degli alleati mancati. Gli hanno dato del «Renzusconi», gli hanno rimproverato di avere scarsa etica pubblica per l’intenzione di lasciare lo scranno di sindaco di Bergamo, lo hanno bacchettato per lo slogan «Fare, meglio», in cui hanno visto una continuità con la giunta Maroni. Il candidato rivendica lo slogan della sua campagna elettorale: «A me sembra soltanto un pretesto». E poi, a conferma che la delusione è tanta: «Gli elettori di Liberi e uguali sono meglio dei loro dirigenti».

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