12 gennaio 2018 - 22:50

Sondaggi elezioni 2018, Pd in calo, i 5 Stelle salgono. Il centrodestra è avanti, ma «perde» 12 deputati

Mancano 47 seggi per avere la maggioranza. Il flop delle promesse elettorali

di Nando Pagnoncelli

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La campagna elettorale sta rapidamente entrando nel vivo: si sono costituiti nuovi soggetti politici e altri potrebbero presentarsi, si stanno delineando le coalizioni, annunci e promesse proliferano, si fanno le prime ipotesi di candidature nei collegi, si pongono veti su possibili alleanze postelettorali.

Le incognite che pesano

Pur con la doverosa cautela dovuta alla presenza di molte, troppe incognite — dalla formalizzazione delle alleanze, a quella delle candidature nei collegi uninominali e della leadership del centrodestra e del centrosinistra — con il sondaggio odierno abbiamo voluto aggiornare gli orientamenti di voto degli italiani. Lo scenario che emerge continua a non sciogliere i dubbi sulla possibile maggioranza di governo e fa registrare piccoli scostamenti rispetto ad un mese fa.

I consensi dei partiti e delle coalizioni

In dettaglio: indecisi e astensionisti si attestano al 34%, con la nuova legge elettorale il centrodestra si conferma in testa con il 35,9% delle preferenze — sommando i consensi per Forza Italia (16,5%), Lega (13,8%), Fratelli d’Italia (4,7%) e le altre liste raggruppate nel simbolo Noi per l’Italia (0,9%) — seguito dal Movimento 5 Stelle, primo soggetto politico con il 28,7% (+ 0,5%), e dal centrosinistra che nell’insieme raggiunge il 27,5% con il Pd al 23,1% (-0,2%), Civica popolare all’1,8%, Insieme all’1,4% e, sempre ammesso che la lista di Emma Bonino entri in coalizione, +Europa all’1,2%. Gli alleati consentono al Pd di compensare il calo di consensi registrato e, in base al meccanismo previsto dal Rosatellum, le forze coalizzate che superano l’1% ma non raggiungono il 3 conferiscono i loro voti al partito principale. Liberi e Uguali di Pietro Grasso è accreditata del 6,4%. Le altre liste (Rinascimento, CasaPound, ecc.) al momento raccolgono poco meno dell’1% dei voti validi.

Centrodestra in testa con 269 seggi, poi il M5S

Sulla base di questi risultati, che si sommano alle precedenti rilevazioni per un totale di 46.000 interviste opportunamente ponderate, il centrodestra risulterebbe complessivamente avere 269 seggi (-12 rispetto a dicembre), seguito dal Movimento 5 stelle, accreditato di 169 seggi (+11), dal centrosinistra con 152 (+1) e da Liberi e Uguali, stabile a quota 27. Pur non potendo escludere in prospettiva una maggioranza di centrodestra, in considerazione della cosiddetta «soglia implicita» (rappresentata del 40% dei voti validi e dall’affermazione in circa il 70% dei collegi uninominali), al momento la coalizione in vantaggio risulta ancora distante (47 seggi) dalla maggioranza assoluta di 316 deputati.

Lo spettro del «voto inutile»

Cosa potrebbe modificare gli orientamenti di voto degli italiani nelle prossime settimane? La questione è davvero complessa per almeno un paio di motivi. Innanzitutto la crescente distanza dei cittadini dalla politica dovuta non solo allo scetticismo e alla disillusone crescente ma anche alla progressiva minore importanza attribuita alla politica che, a differenza del passato, oggi rappresenta un frammento dell’identità delle persone, peraltro nemmeno il più importante. Ne consegue che molti cittadini ignorano o seguono distrattamente l’attuale campagna elettorale e, come abbiamo potuto riscontrare negli ultimi anni, si concentreranno sulle scelte di voto negli ultimi giorni. In questa fase, pertanto, nei sondaggi risultano penalizzati i nuovi soggetti politici che necessiterebbero di più tempo per affermare la loro proposta. E, sullo sfondo, aleggia come sempre lo spettro del «voto inutile» ossia il timore di molti elettori potenziali dei partiti minori di sprecare il proprio voto e la conseguente propensione a rinunciare a votare per un partito giudicato più vicino ma destinato a un risultato marginale a favore di un partito più competitivo anche se più distante.

Il peso dei troppi annunci

Il secondo motivo riguarda i contenuti della campagna elettorale. Per quanto si è visto finora, si sono per lo più moltiplicate promesse di vario tipo, molte delle quali contestate soprattutto per la loro impraticabilità tenuto conto del possibile impatto negativo sulle finanze pubbliche. Molti degli annunci ascoltati in questi giorni sembrano estemporanei, avulsi da programmi o proposte organiche; sembrano battaglie di retroguardia, guidate dal cosiddetto «microtargeting»: si individua un segmento di elettorato, se ne studiano le aspettative, le paure, le idiosincrasie, i bisogni, e ad esso si indirizzano single promesse. Ma siamo sicuri che i cittadini ci credano e modifichino le proprie scelte? E siamo sicuri che gli elettori si aspettino solo «proposte concrete» e la risoluzione dei loro problemi, come se la politica fosse una sorta di amministrazione di un condominio? A giudicare dalla sostanziale stabilità degli orientamenti di voto sembrerebbe di no. Quello che sembra mancare è la visione del futuro, è un’idea di Paese. Forse i cittadini si meritano qualcosa di più che singoli annunci spesso accompagnati da toni sguaiati.

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