6 marzo 2018 - 12:02

Elezioni, apertura di credito dagli industriali. E Marchionne: ho visto di peggio

Le parole del presidente degli industriali, Vincenzo Boccia, dopo il voto: «Sono un partito democratico, l’importante è fare governo». Marchionne: «Paura del M5S? Ne abbiamo passate di peggio»

di Antonella Baccaro

Vincenzo Boccia (Imagoeconomica) Vincenzo Boccia (Imagoeconomica)
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ROMA Non è un endorsement a urne chiuse. Suona piuttosto come un messaggio distensivo rivolto ai mercati, il giudizio espresso ieri dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, sui 5 Stelle: «Non fanno paura, valutiamo i provvedimenti, stiamo parlando di partiti democratici». E ancora: «L’importante è che si assicuri un governo al Paese» e che «non si cambino provvedimenti che hanno avuto effetti sull’economia reale», un riferimento al Jobs Act e al Piano industria 4.0. Nella giornata in cui anche la Borsa rifiata, chiudendo con +1,75%, i segnali di incoraggiamento per i nuovi leader non sono mancati. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca, dice la sua: «Salvini e Di Maio non li conosco, non mi spaventano. Paura del M5S? Ne abbiamo passate di peggio...».

Ma è davvero così? Quanto vengono prese sul serio dagli imprenditori promesse come la cancellazione del Jobs Act e della legge Fornero? «Quando una forza politica prende il 32%, non puoi liquidarla come un fenomeno temporaneo — commenta Alessandro Laterza, ad dell’omonima casa editrice pugliese —. I toni in campagna elettorale sono state aggressivi, salvo attenuarsi sui temi europei. Gli slogan ora devono essere calati nella realtà: vediamo che succede». Non se la sente di «demonizzare nessuno a priori» Luigi Scordamaglia, ad e vicepresidente di Inalca (gruppo Cremonini) e neopresidente di Federalimentare: «Dai programmi di Di Maio e Salvini è emersa la chiara volontà di abbattere il mostro burocratico che è il vero demone di questo Paese. Certo, se poi qualcuno vuole davvero risolvere i problemi del lavoro con il reddito di cittadinanza, be’, non durerà a lungo».

Parte dalla propria esperienza di imprenditore sul territorio romano amministrato dal M5S, Aurelio Regina, presidente, tra l’altro, di Manifatture sigaro toscano: «Il confronto con l’amministrazione Raggi non è semplice ma c’è sempre. Del resto sono i problemi a essere complessi. Adesso però il tema è il governo del Paese: non ci sarà nulla da temere se si terranno presenti gli impegni assunti nei confronti dell’Europa». Punta sulla parte più innovativa del programma grillino, Gianfilippo Mancini, ad di Sorgenia, azienda che opera nel settore dell’energia: «Ho letto che vogliono proseguire la decarbonizzazione e puntare sulle rinnovabili, progettano per il futuro le smart city. Mi auguro che lo facciano davvero. Quanto al dubbio se il movimento sia democratico, lo dimostra il percorso fatto».

«Di Maio non si è confrontato con la nostra associazione di costruttori: voglio sperare che sia stato solo un problema d’agenda» dice Marco Dettori, milanese, vicepresidente dell’Ance. Ma poi ammette che sul codice degli appalti e su altri temi i parlamentari grillini sono stati molto disponibili al dialogo. «Del resto — interviene l’altro vicepresidente, il romano Edoardo Bianchi — non è che i governi precedenti ci abbiano lasciato in una situazione brillante. Ora speriamo si dia attenzione a cose basilari ma importanti, come il settore delle manutenzioni».

Walter Ruffinoni, ad di Ntt Data, azienda internazionale che offre servizi innovativi, è fiducioso: «Mi pare che vogliano fare grossi investimenti sull’innovazione. Speriamo». Per Bruno Mattucci, ad di Nissan Italia, le promesse fatte dal M5S sulla mobilità contano: «Purché questa volta si parta da un vero piano industriale». Controcorrente Giovanni Cobolli Gigli, per sette anni alla guida della Grande distribuzione: «Se devo basarmi sulle promesse mirabolanti fatte da M5S e Lega con le quali hanno illuso l’elettorato, sono preoccupato: sono irrealizzabili. A meno che non si faccia all’italiana: con i soliti compromessi...».

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