Milano, 23 ottobre 2017 - 02:55

Veneto, Zaia dopo il referendum per l’autonomia: «È ora che i territori gestiscano le risorse che producono»

«È il big bang delle riforme istituzionali. I veneti ora saranno padroni a casa loro». Il governatore festeggia, oggi il progetto di legge. Ma gli hacker hanno superatodue dei tre livelli di sicurezza

Luca Zaia (LaPresse) Luca Zaia (LaPresse)
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Cauto e tattico, in mattinata Luca Zaia aveva messo le mani avanti: «Comunque vada, stiamo scrivendo una pagina di storia: il Veneto non sarà più quello di prima». Parole pronunciate alle ore sette, quando a San Vendemiano faceva ancora buio e lui e la moglie Raffaella si sono presentati per primi al seggio della scuola elementare del paese trevigiano dove vivono. E se a suo dire sarebbe andata comunque bene per il solo fatto di aver ottenuto il referendum sull’autonomia, figuriamoci il governatore alle 11 di sera, con quel numeretto che gli frullava davanti agli occhi: affluenza intorno al 60 per cento, 10 punti oltre il quorum. L’unico dato che davvero contava, visto che la vittoria del Sì era scontatissima: «È il big bang delle riforme istituzionali, è la caduta del muro di Berlino. Ora posso dirlo: il Veneto si candida a laboratorio delle autonomie».

Via obbligata

Oggi più che mai, rilancia uno dei suoi refrain: «Abbiamo messo una pietra miliare sulla storia della Repubblica italiana, il primo referendum sull’autonomia, da noi voluto e sudato. I veneti hanno risposto all’appello. Vince la voglia di dire che siamo padroni a casa nostra. A Roma dovranno tenere conto di questo risultato, il federalismo ora è una via obbligata». Il risultato si colloca sotto la soglia record ventennale del referendum costituzionale del dicembre scorso, che in Veneto aveva toccato il 76%, ma sopra altre dieci consultazioni dal 1997 a ieri.

«Le competenze che ci spettano»

La domandina scritta su oltre quattro milioni di schede era semplice semplice: «Vuoi che alla Regione siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?». Ma, in concreto, cosa succederà? «Una volta validato il risultato da parte della Corte d’appello, ho pronta la delibera sulla piattaforma del negoziato che discuterò con tutte le categorie, le autonomie locali e che porterò all’approvazione del consiglio regionale. Ed è già pronta la delegazione tecnica che seguirà la trattativa sui tavoli romani. Depositeremo la nostra proposta e chiederemo al governo tutte le 23 competenze che ci spettano e le relative risorse economico finanziarie». Istruzione, ambiente, commercio estero, salute, ricerca scientifica, Protezione civile. E, fra le altre, soprattutto quella più trasversale e sentita: imposte e tributi.

«Il referendum non inciderà sul residuo fiscale»

Cosa significa esattamente avere questa competenza? «Il nostro residuo fiscale (la differenza fra quanto viene versato al Fisco e quanto torna in termini di servizi ai cittadini, ndr) ammonta a 15,4 miliardi di euro: è ora che i territori gestiscano le risorse prodotte sul territorio e smettano di finanziare gli sprechi di territori ormai tecnicamente falliti. E non ci si venga a parlare di solidarietà, quella non è in discussione». Come dire, con una maggiore autonomia molti denari rimarrebbero nelle casse venete. Ma è davvero così? Succederà tutto ciò, dopo la trattativa con il governo e l’ok del Parlamento? «Assolutamente no, il referendum non andrà a incidere sul residuo fiscale, che tra l’altro non è di 15 miliardi ma molto meno», sostiene Stefano Fracasso, capogruppo del Pd in consiglio regionale. Il Partito democratico sul referendum è diviso, con Alessandra Moretti che ha scelto di astenersi e Simonetta Rubinato, deputata trevigiana, alfiere del Sì. Quest’ultima gongola: «Sono soddisfatta, è arrivata la spallata, è democratica e non è solo della Lega. Zaia ha ora un ampio mandato». Cantano vittoria Lega e Forza Italia ma non tutto il centrodestra, con Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia che l’aveva detto chiaro: «Referendum inutile, noi sosteniamo un federalismo patriottico». Zaia dice che non ci sono rischi: «Il tutto rimane nell’alveo dell’unità del Paese».

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