Milano, 23 ottobre 2017 - 11:29

Voto elettronico, in Estonia funziona
La cyber sicurezza frena la Germania

Il flop della Norvegia e il recente caso della Catalogna. Negli Stati Uniti è prassi nella maggior parte del Paese. E adesso si muover anche il «gigante» indiano

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Fidarsi o non fidarsi del voto elettronico? Le disavventure che in queste ore stano accompagnando in Lombardia lo «spoglio» del referendum sull’autonomia regionale non sono nuove. Anche in altri Stati computer e terminali applicati alla macchina elettorale hanno giocato brutti scherzi; in altri paesi, invece, la pratica è ormai ampiamente collaudata e in uso da ani senza grandi problemi.

Estonia fiore all’occhiello d’Europa

In Europa la capofila dell’e-voting è l’Estonia, forse la nazione europea dove la rivoluzione digitale è entrata più nel profondo della vita quotidiana. Nella piccola repubblica baltica i computer al seggio sono stati introdotti nel 2005 : la registrazione e l’identificazione dell’elettore avvengono mediante la carta d’identità elettronica. Dopo una fase sperimentale legata alle consultazioni amministrative, il voto elettronico è stato esteso anche alle elezioni politiche. Sempre come opzione alternativa a quello tradizionale. Ma nel 2014 il 30% degli estoni ha scelto di esprimere la sua preferenza in chiave digitale. Il computer ha fatto il suo ingresso anche nella politica svizzera: nel 2011 in alcuni cantoni di lingua tedesca (Argovia, Basilera, San Gallo) e nel Grigioni sono stati effettuati esperimenti (l’elettore elvetico è d’altronde chiamato a esprimere il suo parere più volte all’anno attraverso l’istituto dei referendum) ma la comodità del voto via posta rimane la modalità preferita dai cittadini della Confederazione. Nel 2015 il governo ha messo da parte questa pratica, per dubbi sulla sua sicurezza informatica. Tra le grandi democrazie europee, la Francia si è incamminata sulla strada del voto via computer.; introdotto per i francesi residenti all’estero, l’e-voting è stato adottato anche per le presidenziali a partire dal 2007 ma solo in alcune zone test. Dove tutto è filato liscio.

No per legge in Germania, il caso Catalogna

Non andate a parlare di voto elettronico, invece, ai norvegesi. Il paese scandinavo, modello di efficienza e di modernità, ha fatto flop il giorno in cui ha deciso di sostituire le urne di carta con i pc, spingendosi anche ad attivare una piattaforma telematica per il voto online. Ma nel 2014 il sistema è stato mandato in soffitta perché non avrebbe garantito a sufficienza la segretezza del voto. La germania, dal canto suo, ha risolto il problema alla radice: la Corte Costituzionale, con una sentenza del 2009 ha esplicitamente escluso il voto digitale sempre perché il sistema non sarebbe stato sufficientemente al riparo da intrusioni di hacker. Il voto elettronico è stato al centro del braccio di ferro tra Madrid e Barcellona in occasione del referendum del primo ottobre sull’indipendenza della Catalogna. Il governo centrale ha bloccato il funzionamento della app «evot» che si apprestava a essere usata per la consultazione popolare.

Usa, solo 20 Stati ci rinunciano

Varcando l’oceano, esperimenti di vario calibro sono stati adottati negli Stati Uniti; che però oggi presentano una situazione «a macchia di leopardo». Il voto espresso esclusivamente con la scheda di carta è prassi (e legge) solo in 16 Stati dell’Unione , mentre in altri 4 si vota solo per posta. In tutti gli altri ci sono esperimenti più o meno avviati di e-voting. In Canada nel 2003 un «campione» di 100mila elettori ha sperimentato l’uso dei computer ma anche in questo caso hanno prevalso i dubbi legati alla cyber sicurezza. Esperimenti di voto elettronico sono stati avviati anche in India: pochi milioni di cittadini, tuttavia, su una platea composta da ben 650milioni di elettori.

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