Milano, 3 ottobre 2017 - 11:54

Boom del cinese tra gli studenti italiani. Storie di un anno in Cina

La lingua di Confucio conquista l’Italia. Le scuole in cui si insegna sono passate da 17 a 279, l’8% del totale. Tra i banchi, 18mila studenti di mandarino. E in cattedra, prof abilitati

shadow

Un’esperienza «più dura del previsto». L’orgoglio di essere arrivati in fondo. La certezza di essere più grandi e indipendenti. Gli studenti con la valigia, quelli che partono per un periodo di scuola all’estero, al rientro raccontano un po’ tutti di sentirsi più autonomi e maturi. Ma è chi trascorre un anno scolastico in Cina che avverte di più il cambiamento: «il 15% in più» rispetto al totale dei partecipanti a programmi di studio all’estero, dice la ricerca «La nuova via della Cina», promossa dalla Fondazione Intercultura con Ipsos e presentata oggi a Roma, nell’ambito dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca. La quasi totalità dei 500 partiti negli ultimi dieci anni, intervistati per la onlus dall’istituto di ricerca Ipsos, valuta molto positivamente l’esperienza. Sono, in generale, studenti brillanti (laureati o universitari), tra i migliori dei propri corsi (53%), provengono al 92% da licei – soprattutto del Nord - conoscono una terza lingua oltre all’inglese e al cinese e sono soddisfatti della vita che conducono.

Andrea, Gioele, Francesca: «Un anno in Cina: competizione e regole» Boom del cinese nelle scuole italiane
Andrea

In Cina

Sono la punta dell’iceberg di un fenomeno sempre più evidente: perché sono sempre di più gli studenti italiani che considerano la Repubblica Popolare meta ideale dove studiare. Più di cento quelli che si trovano oggi nell’Impero di Mezzo coni programmi Intercultura. Una settantina han fatto richiesta di una borsa di studio per studiare in Cina all’Istituto Confucio, lo scorso anno. Numerose borse di studio vengono offerte da Hanban (l’Ufficio per la diffusione della lingua cinese nel mondo).

Nelle scuole italiane

Ma è nelle scuole italiane che si registra il cambiamento più importante. Alle superiori – si legge nel Rapporto - sono 17.500 gli i ragazzi che studiano mandarino. Lingua che viene insegnata ormai nell’8% degli istituti: 279 su 3.636 (erano 17 nel 2009). Numeri di nicchia, ma destinati a crescere, visto che il cinese è la seconda lingua citata dagli adolescenti, dopo l’inglese e prima di spagnolo e tedesco, come strumento fondamentale per il proprio successo futuro. Il cinese si studia per lo più negli Istituti di istruzione superiore Iis (74%), più in dettaglio nei licei, nel nord Italia (46%) e soprattutto nelle scuole di grandi dimensioni, con più di 40 classi (56%). Nella metà dei casi (48%) si è affermato come materia curriculare (inizialmente era il 35%), coinvolgendo in media 4 classi per istituto per circa 3,6 ore a settimana. A insegnarlo sono in media 1,9 docenti per scuola, sia italiani che madrelingua. Il 41% ha già inserito il cinese tra le materie dell’esame di maturità.

Docenti di ruolo

A introdurre in curriculum l’insegnamento di una lingua e di una cultura fino a qualche anno fa considerate remote rispetto all’impostazione e alle esigenze dei nostri programmi scolastici, si è arrivati partendo da insegnamenti opzionali. Con la riforma delle superiori, nel 2010, il mandarino è entrato nel piano di studi dei licei linguistici, mentre per tecnici e professionali rimaneva il vincolo di insegnare «lingue europee». Se poi i ragazzi volevano imparare il cinese, potevano farlo al pomeriggio. Nel novembre 2016, la svolta: con la revisione delle classi di concorso e di abilitazione è stato creato un primo contingente di insegnanti abilitati all’insegnamento della lingua cinese: il concorso pubblico per la prima volta ha consacrato 13 insegnanti «certificati» di mandarino.

Alla maturità

Oggi, i docenti hanno a disposizione anche il Sillabo messo a punto dai tecnici del Miur: un quadro dii riferimento per progettare le attività degli alunni. Fonetica, grammatica, calligrafia, per portare i ragazzi, con 100 ore all’anno di insegnamento, a raggiungere il livello B1 di conoscenza del cinese. Inoltre, per alcune scuole pioniere è anche arrivato l’esame di maturità in mandarino, nella terza prova e all’orale. Apripista il linguistico Manzoni di Milano, che insieme al Pigafetta di Vicenza e al Deledda di Genova è stato tra i primi in Italia a inserire il cinese tra le lingue straniere. Nel giugno 2017, maturità cinese anche al linguistico Sophie Scholl di Trento e allo scientifico Marie Curie di Giulianova (Teramo).

Così dagli Usa alla Francia

Gli Stati Uniti sono partiti prima: nel 2010 più di mille licei erano attrezzati per l’insegnamento del cinese ufficiale. In Gran Bretagna, il cinese è materia ufficiale nei licei linguistici dal 1952, in Francia dagli anni Settanta. In Italia, l’inizio è stato soft: negli anni Novanta lo si insegnava solo in quattro atenei: l’Università degli Studi a Milano, Cà Foscari a Venezia, la Sapienza a Roma, l’Orientale a Napoli. Nel 2012 la svolta, con il protocollo d’intesa tra Miur e fondazione Italia-Cina per portare il cinese negli istituti tecnici e professionali, per preparare i ragazzi all’accesso al mondo del lavoro. Da quel momento, le esperienze si sono moltiplicate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ti potrebbero interessare anche articoli correlati
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT