Antropologia politica
9 ottobre 2017

Ma gli elettori di sinistra
come ragionano?

Per chi pensa di essere autenticamente di sinistra, nessuno è di sinistra, a parte lui stesso e una decina di amici: ecco uno dei vari paradossi che ingabbiano questo elettorato. Un altro? Sono gladiatori pacifisti: scendono nell’arena ma non vogliono ammazzare il nemico

L’ELETTORE DI SINISTRA NON ESISTE. Perché o è elettore, e quindi vuole vincere per eleggere qualcuno. O è di sinistra, e non vuole vincere. Quindi, non può essere elettore. Se è davvero di sinistra, può solo perdere. Sembra una battuta, ma credo che questo paradosso nasconda qualcosa. Per cui vale la pena addentrarci nel ginepraio di contraddizioni che è la politica italiana. Ma forse la politica di tutto il mondo. Siamo messi male sì, ma non siamo i soli. Una premessa: l’elettore di sinistra è un concetto molto relativo. Diventa un insieme smisurato, se si guarda dal punto di vista della destra di oggi; si riduce a un gruppuscolo di quattro o cinque amici, se si guarda dal punto di vista opposto.

Mi spiego meglio: la destra di oggi, quella che ha come perno Salvini, considera di sinistra un arco che va dal militante della festa con le bandiere rosse di Fucecchio fino ad Alfano, passando per Papa Francesco e i preti amici dei neri, includendo il buonista democristiano, l’imprenditore liberale che preferisce la Clinton a Trump, senza parlare del Pd e dei vari partitini comunisti. Quindi diciamo che tutti, oggi, sono di sinistra. A meno che non rientrino nel buco nero di urla tipo «Ci vorrebbe Putin! Migranti a casa! L’Italia agli italiani!». Avete presente in fisica? Quando si forma un buco nero questo sposta l’asse gravitazionale, curva lo spazio-tempo a suo favore, diventa un posto buio densissimo che attrae tutto, dal quale non si può uscire e nel quale non si distingue nulla e tutto si mescola. Dal quale però si vede il resto dell’universo. Che, quindi, è fuori. Che, quindi, è di sinistra.

Per chi pensa invece di essere autenticamente di sinistra, nessuno è di sinistra. A parte lui e una decina di amici. Alfano non prendiamolo nemmeno in considerazione! Il Pd è ormai un partito di centro/centro destra se non democristiano! Fino ad arrivare a non considerare di sinistra nemmeno Pisapia, perché un giorno ha abbracciato la Boschi. Il senso critico della sinistra è diventato una forma di autocannibalismo. E questo fa sì che chiunque tu sia, anche se hai fatto cento cose buone, per una sola fatta o detta in maniera sbagliata, per un mezzo post scritto male, vieni macellato dai tuoi stessi compagni. A destra sembra vigere l’assunto opposto: hai mandato a morire centomila italiani sul fronte russo? Hai consegnato ai nazisti gli ebrei per portarli nei lager? Hai dato in mano il paese allo straniero? E vabbè... però eri un vero comandante e i treni arrivavano in orario! Ok, scusate: ancora con Mussolini e il fascismo, no. Allora riformuliamo: hai detto che Roma era ladrona e poi hai portato più nepotismo tu leghista che i socialisti negli Anni 80? Hai detto che «Al sud il problema è la gente che ha il culto di non fare un cazzo», (Salvini al congresso giovani padani 2013)? E vabbè... ora hai trovato un nemico nuovo. Vuoi spazzare via i rom e prendere a calci i migranti? Siamo tutti con te! Meridionali con Salvini! E poi c’è la mutazione insita in ogni carriera politica: agisce contro il leader di sinistra e a favore del leader di destra.

Tu pensi di avere il carattere – anzi: tu pensi di essere il migliore – per comandare sessanta milioni di persone? Credi di essere l’unto dal signore? Hai un ego che fa capoluogo di provincia? Ottimo. Per la destra è buon segno. Per la sinistra è invece il segno di una sola cosa: fatti vedere da uno psicoanalista, e che sia bravo. Riassumendo: come non esiste l’elettore di sinistra, così non esiste il leader di sinistra. O sei leader o sei di sinistra. Grillo ci ha provato, per vincere, a restare in equilibrio: scomparire come leader del movimento e, allo stesso tempo, essere duce del partito. Ha provato a tenere la sua creatura amorfa sulla linea di confine, facendosi credere di sinistra da quelli di sinistra e di destra da quelli di destra. Ma quelli di sinistra, visto lo spirito ipercritico di cui abbiamo parlato, l’hanno subito sgamato. Mentre il buco nero della destra era grande, attraente, pieno di gente che veniva risucchiata. Oggi sta lì la gravità che spinge alla vittoria (forse). E quando il concetto di vittoria soverchia tutto, è finita. Vi ricordate quando Beppe Grillo, agli albori del suo impegno politico, ci smaronava sul suo blog (sì, io ero iscritto) che avremmo dovuto usare tutti la washball? Per chi se la fosse persa, era una palletta di ceramica che doveva sostituire il detersivo. Una piccola pietra che, girando insieme ai panni sporchi, avrebbe magicamente pulito le macchie di pomodoro e caffè. Lui diceva di usarla a casa. Pensate che ossessione per l’ambiente aveva! Encomiabile, no? Lo dico senza ironia. La washball, certo, avevo il dubbio fosse un’emerita cazzata. Però era segno che quest’uomo ci teneva talmente tanto all’ambiente che costringeva moglie e figli a pulire i panni con la palletta. E per me si trattava di un enorme bonus, visto che oggi stiamo mettendo a rischio la stessa esistenza del pianeta. Beh, quando ha vinto Trump – uno che non crede al cambiamento climatico, uno che punta solo alla produzione industriale americana e ai petrolieri amici – quando ha vinto uno così, forse la persona più pericolosa in assoluto per l’ambiente, Grillo ha diffuso un video dove trasudava gioia e goduria per il fatto che la Clinton fosse stata sconfitta, e quindi l’establishment e quindi il Pd, e lui avrebbe finalmente vinto le prossime elezioni (forse). Quando vincere diventa l’unico obiettivo, sei disposto a qualsiasi cosa. Pensate che, pur di vincere, a Matteo Salvini sono iniziati a star simpatici i terroni, che in fondo in fondo, sapete che c’è?, votano pure loro. E così Matteo Renzi, nel momento in cui ha capito che il sentimento nazionale virava contro gli sbarchi e i migranti, ha scritto il tweet «Aiutiamoli a casa loro». Il che, senza entrare nello specifico, era come scrivere «Votate Partito Leghista Democratico!», o qualcosa di simile.

Come si fa ad essere elettori di sinistra? È come voler essere gladiatori pacifisti. Se scendi nell’arena, devi ammazzare il nemico. Se non lo vuoi ammazzare, resta a casa. Perché altrimenti vieni, giustamente, massacrato. Abbiamo cambiato uomini, partiti, contesti storici: ma alla fine questa tendenza a voler vincere, anziché cercare il bene comune, non è mai cambiata. Anzi mi sembra che le cose siano paradossalmente peggiorate, e abbiano creato ancora più contraddizioni. Prendiamo un grande strumento democratico: le primarie, probabilmente la migliore idea che ha avuto la sinistra negli ultimi dieci anni. Non vi è venuto il dubbio che, creando un meccanismo vinco io/perdi tu, il Partito Democratico sia stato infettato della stessa malattia che avrebbe dovuto curare? Ci sarebbe, per capire come ragiona (e soffre) l’elettore di sinistra, anche un altro paradosso, che non ho spazio di indagare qui, ma è fondamentale. Questo: noi votiamo da italiani in Italia, per fare gli interessi degli italiani; ma uno dei concetti più belli della sinistra è l’internazionalismo. E questo gioca paradossalmente a suo sfavore. Mi chiedo: non sarebbe il caso, anziché cambiare le armi e le armature del gladiatore nell’arena, provare a ripensare l’arena stessa, la natura e le regole del gioco? Non sarebbe l’unica cosa sensata da fare? Ma come si fa? E chi lo sa. E soprattutto è possibile? Non sembra. Nemmeno lontanamente. Ecco: siamo arrivati alla fine di questa riflessione poco confortante. Se dovessi scegliere una sola frase che ci accompagni nella selva oscura in cui siamo finiti, sarebbe una citazione di Antonio Gramsci. Sì, Gramsci. Pensate che l’ho scoperta giusto un paio di anni fa, vedendo una di quelle conferenze trendy che si trovano su internet, un TED Talk o qualcosa di simile. Parlava un emerito professore di economia di origini asiatiche trapiantato in America, che evidentemente conosceva il pensatore e politico sardo meglio di noi. O almeno aveva il coraggio e il desiderio di citarlo. Diceva: «di fronte a un mondo che sembra indirizzato verso una diseguaglianza sempre maggiore e verso un egoismo nazionale sempre più radicato, l’unica soluzione è ricordare le parole di Antonio Gramsci: “Al pessimismo della ragione bisogna opporre l’ottimismo della volontà”». A sinistra ci facciamo insegnare la saggezza politica di un sardo da un asiatico: non so se mi spiego.

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