Un «evento mancato», che conserva però la sua forza attrattiva sul grande pubblico: sembrava di ritornare all’età dell’oro del talk televisivo (le sfide fra Silvio Berlusconi e i suoi avversari, da Romano Prodi a Michele Santoro e Marco Travaglio) con «diMartedì» di Giovanni Floris. Il programma doveva ospitare il confronto in diretta fra Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Poi Di Maio si è tirato indietro, e Renzi ne ha approfittato per tenere il palco per sé. Risultato: la trasmissione scala la classifica delle emissioni più viste, raccogliendo un ascolto di 2.123.000 spettatori medi, per una share del 9,1%, come ai tempi di «Ballarò». In un periodo di generale sfiducia nei confronti della politica si tratta di un dato importante. Anche senza Di Maio, il confronto è stato acceso grazie all’animosità dei giornalisti presenti (Massimo Giannini, Alessandro Sallusti e Massimo Franco, oltre al conduttore), e questo ha contribuito al risultato finale: picco della puntata alle 22.32, quando Franco chiede a Renzi i motivi della sconfitta al Referendum e il leader del Pd snocciola i risultati positivi del suo governo (oltre 3 milioni di spettatori, per una share del 12,3%).
Fra le 22.25 e le 22.40 — momento centrale del confronto — il barometro Auditel non si sposta dai circa 3 milioni di spettatori. La politica in tv supera allora l’intrattenimento di «Stasera Casa Mika» (1.651.000 spettatori, 7,3% di share), si avvicina alle «Iene» e sorpassa decisamente «#cartabianca» su Rai3 (748.000 spettatori medi, 3,2% di share). La composizione dell’audience di Floris rispecchia nella sostanza il pubblico che segue assiduamente i talk politici: più maschile (11,5% di share) che femminile (7,2%), di età adulta (11,4% sopra i 55 anni), con buoni livelli di istruzione e reddito (14,7% lo share fra i laureati). E così Renzi approfitta di un «evento mancato» per tornare al centro della scena nazionale.
In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel