Milano, 13 novembre 2017 - 21:36

Gomorra, la camorra
fa affari al centro storico di Napoli

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In una storia corale come la serie tv di Gomorra, c’è comunque una voce solista ed è quella di Marco D’Amore, nei panni di Ciro. È stato il braccio destro del boss Pietro Savastano, poi il suo nemico e infine il suo assassino. L’avevamo lasciato che aveva ucciso sua moglie, ha dovuto seppellire sua figlia. Lo cercano tutti. Nella terza serie, dal 17 novembre su Sky Atlantic HD (ma per la prima volta 2 dei 12 episodi saranno oggi e domani in anteprima in 300 cinema), Ciro lo ritroviamo in Bulgaria, prima che faccia ritorno a Napoli, nel centro storico: ora è lì che la camorra si divide potere e denaro, nel «salotto» buono trovi le nuove piazze di spaccio. Recitare in bulgaro? «Ciro sa adattarsi e dovevo impararlo bene, ha echi russi dove ho passato tanto tempo a teatro con Servillo».

La ruota gira sempre su destino, rito, sacrificio

Si sta scrivendo la quarta serie: teme di venire cannibalizzato da Gomorra? «No, ho solo gratitudine, è cambiata la mia vita, e lo sguardo su di me». Ferruccio Soleri, che ha fatto Arlecchino per 50 anni, gli ha detto che il naufragar è dolce quando l’abisso si spalanca su personaggi di quella densità, benché così diversi. «Venivo dal teatro, ero snob rispetto alla tv. Poi mi sono capitate delusioni sul palco e belle esperienze in tv». Ciro è cambiato, a parte la camminata con la testa incassata tra le spalle, ma il suo sguardo è una condanna: «È più brutto e più vecchio, quello che ha passato ha fatto sfiorire la sua bellezza sfrontata e arrogante».

La (vecchia) polemica sul rischio emulazione

Più tardi, alla presentazione (la ruota gira sempre su destino, rito, sacrificio), arriva la vecchia obiezione sul rischio emulazione dei camorristi da parte degli adolescenti. L’attore s’impenna: «Guardate alla responsabilità di chi ha pubblicato, a commento di un recente fatto criminale, la foto mia e di Salvatore Esposito». Salvatore è l’altro protagonista, ha la cresta e interpreta Genny, il figlio del boss Savastano: «Perché non si parla delle scuole di recitazione a cui arrivano centinaia di ragazzi dopo aver visto Gomorra?».

«C’è un effetto benefico, una funzione catartica fin dalla tragedia greca, quando vieni messo in contatto con le parti più oscure di te», ricorda Riccardo Tozzi. È il coproduttore di questa gioiosa macchina da guerra: diretta da Francesca Comencini e Claudio Cupellini, la serie è venduta in 190 Paesi, il 70 percento del budget viene assorbito dagli introiti all’estero (era del 10 la media degli incassi delle serie tv in Italia).

La serie già venduta in 190 paesi

L’ideatore è Roberto Saviano: «Raccontare le ferite significa illuminarle, indicare la soluzione; abbiamo permesso di svelare certe dinamiche criminali e quindi le abbiamo rese riconoscibili. Che in Italia si riuscisse a trovare un modello di racconto internazionale recitando in dialetto, chi poteva immaginarlo?».

Qui o si muore o si va in galera

In Gomorra si tratta di capire chi sono gli amici e chi sono i nemici. Qui o si muore o si va in galera: tra le sbarre sarebbe un altro film. Dunque servono nuovi personaggi:Loris De Luna (interpreta un giovane della Napoli bene con un’irresistibile attrazione per la malavita) e Arturo Muselli (lo chiamano Sangue Blu perché è il nipote del fondatore della camorra, che poi si pentì: il ragazzo vuol tornare agli antichi fasti). Confermate Cristina Donadio (Scianel) e Cristiana Dell’Anna (Patrizia): le donne prendono piede anche tra queste tenebre. Si definiscono «iena pronta alla vendetta» e «bestia che si risveglia».

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