Milano, 18 novembre 2017 - 21:26

Addio a Malcolm Young, con il fratello Angus creò gli AC/DC

Il chitarrista e compositore, 64 anni, colpito da demenza senile. Il dolore del fratello Angus: una vita insieme

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La sensazione che si prova a mettere due dita dentro una presa elettrica a volte non basta per spiegare la scossa che i fratelli Young sapevano scatenare dal palco. Malcolm, chitarrista e metà fondante di quel terremoto rock che sono sempre stati gli AC/DC, è morto ieri a 64 anni. L’annuncio è arrivato dalla pagina Facebook della band australiana: «Con grande dedizione era la forza trainante della band. Come chitarrista, compositore e visionario era un perfezionista e un uomo unico. La sua lealtà verso i fan era ineguagliabile». E così se al fratello Angus toccava il ruolo di saltellare come una scheggia impazzita sulle corde soliste della sua Gibson «diavoletto», a Malcolm spettava quello di collante ritmico di tanta dinamite: però la mente di riff eterni come quello di «Back in Black» era proprio lui, in un incastro sempre magicamente riuscito di accordi aperti e varianti distorte. È stato lui, nonostante l’immagine pubblica tutto sommato più defilata, a firmare brani icona come «Let There Be Rock» e «Riff Raff».

Toccante, a poche ore dalla morte, è arrivato anche il ricordo di Angus: «Come suo fratello è difficile esprimere a parole ciò che ha significato per me durante la mia vita, il legame che avevamo era unico e molto speciale. Si lascia dietro un’enorme eredità. Malcolm, lavoro ben fatto» ha scritto. È l’ennesimo lutto in casa Young: solo un mese fa se n’era andato George, il fratello più grande dei sei e mentore della band. La moglie O’Linda insieme ai due figli Cara e Ross, hanno chiesto di non inviare fiori ma donazioni all’Esercito della salvezza, un movimento internazionale evangelico, annunciando che da settimana prossima sarà disponibile il sito «Sydney Morning Herald Malcolm Young Memorial» per raccogliere i messaggi d’affetto dei fan. Malcolm, che era nato a Glasgow, in Scozia, nel gennaio del 1953, si era trasferito in Australia con la famiglia quando aveva 20 anni. A Sydney fondò gli AC/DC che dovette abbandonare nell’aprile del 2014. Una pausa che divenne in pochi mesi ritiro dal suo paradiso rock a causa di una malattia complessa. Una forma di demenza senile degenerativa, disabilitante e senza possibilità di cura. Una forma grave di morbo di Alzheimer, in parte causata anche dall’ictus di cui aveva sofferto qualche mese prima del manifestarsi dei primi sintomi. Da allora si alternavano ricoveri e assistenza 24 ore su 24 a domicilio: «Magari sei in stanza con lui, gli parli poi esci per un minuto dalla stanza e al tuo ritorno neanche si ricorda di te. Ha perso completamente la memoria a breve termine» spiegò la moglie nei giorni del primo ricovero a cui seguì nel 2015 l’applicazione di un peacemaker.

La band aveva provato a camminare anche senza di lui. Dopo il suo addio, a partire dalle registrazioni di «Rock or Bust», ultimo disco consegnato alla storia dagli AC/DC, il suo posto fu preso dal nipote Stevie Young. Da lì la formazione della band ha vissuto un continuo vortice di dentro fuori. Di tentativi quasi sempre malriusciti, acciacchi per l’età, grane con la legge, nonostante le promesse di non mollare mai. Forse mancava il collante, e quello nonostante tutto è sempre stato Malcolm Young.

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