Milano, 20 novembre 2017 - 19:55

«Provincia capitale» di Camurri, gioiello nello scrigno di Rai3

Il programma culturale, ideato e condotto da Edoardo Camurri, che ricorda i programmi di Mario Soldati o Ugo Zatterin, in modo assurdo va in onda la domenica mattina

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La Rai ha un gioiello nello scrigno e non lo sa, o finge di non saperlo. Dopo anni di sforzi, di tentativi (alcuni riusciti, e perciò punti nodali della storia della tv), finalmente c’è un programma culturale, nel vero senso della parola.

Si chiama «Provincia capitale», è ideato e condotto da Edoardo Camurri (scritto con Michele De Mieri, Alessandro Garramone e Riccardo Mazzon), prodotto da Rai Cultura e in onda, ecco l’assurdo, la domenica mattina su Rai3 (e siamo alla seconda stagione!). È un affascinate viaggio nella provincia italiana, come in passato avevano fatto Mario Soldati o Ugo Zatterin, ma non è un documentario o una lezioncina alla Alberto Angela.

È un tentativo di entrare nel corpo vivo della conoscenza, attraverso alcuni espedienti narrativi: l’incontro con il visionario, con il giornalista locale, con il prete o l’investigatore privato (la hit parade dei peccati è uno dei momenti più esilaranti del programma), con alcune glorie locali (domenica, a Verona, ha incontrato Osvaldo Bagnoli, Pietro Fanna e Ferruccio Gard, mitico corrispondente di «90° minuto»).

Sono sicuro che fra dieci o vent’anni, «Provincia capitale» sarà uno di quei programmi che gli archeologi del sapere non potranno fare a meno di guardare, se vorranno capire qualcosa di questo nostro tempo. Cultura in tv non significa presentare libri o fare discorsi complicati, significa piuttosto creare suggestioni, stabilire connessioni (connettere vuol dire unire cose distanti, produrre un pensiero), consigliare percorsi (l’idea delle frecce decreta nuovi sensi, non solo stradali). Non è l’oggetto che stabilisce cosa sia cultura, ma il modo con cui si affrontano le cose. Domenica, lo ripeto «Provincia capitale» era a Verona, una città non facile da raccontare perché, letteralmente, piena di «luoghi comuni» (l’Arena, Giulietta e Romeo…), eppure è bastato intervistare un sociologo del turismo per farci capire che la sociologia è anche turismo culturale.

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