Milano, 12 ottobre 2017 - 20:56

Sesso e mafia, intrighi e misteri
nella Berlino di fine Anni 20

Dopo l’anteprima alla Festa del cinema di Roma, dal 28 novembre su Sky Atlantic arriva la serie tv tedesca «Babylon Berlin» che sfida i colossi americani

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Avventurieri, artisti, mendicanti, prostitute. La vita come un cabaret. Ma bevete l’ultimo bicchiere di champagne, perché l’Apocalisse sta arrivando. C’è una ricostruzione meticolosa della Berlino del 1929, quattro anni prima che il nazismo salga al potere. Sono state ricostruite con grande realismo quattro strade («ma senza essere schiavi dell’autenticità», dicono i registi), 38 milioni di budget, sei mesi di riprese, una troupe di 600 persone. Dopo l’anteprima alla Festa del cinema di Roma, dal 28 novembre su Sky Atlantic va in onda il thriller Babylon Berlin, la prima serie tv tedesca (16 episodi) che sfida i colossi Usa. «Cambierà il modo di fare fiction in Germania, noi rispetto agli americani portiamo un altro sentire», dicono i produttori, finora avversari (Ard, Sky, il potente Jan Mojto della Beta Film...), alleatisi su questo progetto. Tre registi, Achim von Borries, Henk Handloegeten e il più noto Tom Tykwer (Lola corre).

Al centro della crime story è Volker Bruch, 37 anni, nei panni di Gereon Rath, l’ispettore di polizia chiamato a risolvere un caso che collega pornografia e mafia: «Ci vuole tempo per scoprire chi sono, in alcune scene tremo, ero stato soldato, sono i traumi della prima guerra mondiale». Al suo fianco Liv Lisa Fries, nel film fa la stenografa (ha 26 anni e già tanta esperienza tra tv e cinema, il suo modello è Romy Schneider) e dice: «Ho ballato e parlato molto, ho riso e pianto, ero euforica». C’è un parallelo con la Berlino di oggi, dopo le elezioni che hanno fatto entrare per la prima volta la destra al Parlamento. «Pura coincidenza — dice l’attore —, io non percepisco l’avanzata della destra come una minaccia, cerco di essere ottimista». «I nazisti all’inizio non vennero presi sul serio, erano visti come clown — aggiunge l’attrice —, sembravano atterrati da Marte, una riflessione tra oggi e quel periodo si impone». «Non possiamo sapere cosa succederà in Nord «Corea, Spagna e nemmeno in Germania», dice il regista Tykwer.

È la città il vero protagonista. La Berlino di fine Anni 20. «La città cosmopolita e magica in cui tutti volevano andare — dicono i registi —, ogni cosa era moderna, c’era democrazia, un’ondata di migranti, le avanguardie artistiche, le prime automobili, i movimenti di emancipazione femminili». In quella premessa al baratro della guerra tutto si mescolava, divertimento e miseria, baccanali notturni, pittori e ambigui ritrovi della malavita. Il peccato, la crisi economica, le prime svastiche. «I nazisti cominciavano a infiltrarsi nella società, ma erano i comunisti a essere visti come minaccia, c’era un’estrema povertà in Germania, era vivo il senso di fallimento nazionale dopo l’umiliazione della Prima guerra». Frustrazione e trasgressione, cortei e champagne, ecco le ballerine con il tutù formato da banane, i seni al vento, il trucco esagerato, i capelli corvini a caschetto: Wilkommen, sembra di rivedere Liza Minnelli in Cabaret. Siamo nella fragile Repubblica di Weimar, quel tentativo di democrazia in cui trovano asilo tutti i senzapatria che lottano per la sopravvivenza, rifugiati ebrei, armeni. Sembra di leggere le Passeggiate berlinesi di Philip Roth. «Un’epoca che non è più tornata», dice il regista Tom Tykwer. In questo affresco d’epoca, ha pensato a alla fantascientifica torre di Babele di Metropolis, il capolavoro muto di Fritz Lang. Le braccia del proletariato sfruttato, i furori vendicativi, gli operai che si ribellano, un mondo confuso, euforico e sperduto.

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