15 gennaio 2018 - 18:43

Spielberg contro Trump: «Boccia come fake news le notizie che non gli piacciono»

Il regista a Milano per la presentazione di «The Post». Per la prima volta insieme i tre monumenti del cinema americano: Steven Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks

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Spielberg versus Trump: «Oggi la libertà di stampa è ancora sotto attacco dall’amministrazione che, con facili etichette (tipo è una fake news), boccia notizie che non piacciono a Trump». Il presidente americano è stato il quarto protagonista all’incontro per The Post (dal primo febbraio per 01). È il film con tre monumenti del cinema americano, Steven Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks, per la prima volta insieme; in tre fanno nove oscar (quattro per il regista, compreso quello onorario, tre per lei, due per l’attore).

Spielberg e il suo carisma scisso tra film di effetti speciali e lavori di spessore civile come questo, Streep la donna che colleziona premi ma stempera i complimenti in un sorriso che disarma, Hanks e il suo volto da eterno ragazzone che inganna con la sua aria da attore della porta accanto. I tre moschettieri di Hollywood parlano a tutto campo: dalla libertà di stampa che è il cuore del film, alle molestie sessuali, l’argomento di questi mesi dopo che Harvey Weinstein, l’orco di Hollywood, ha fatto uscire allo scoperto tante donne. Nel film i due temi non sono lontani: celebra il coraggio di una donna, fino allora vedova, casalinga, si ritrovò proprietaria erede di un giornale, il Washington Post, che all’epoca aveva un respiro locale, lanciò la sfida alle menzogne di quattro presidenti americani sulla guerra del Vietnam.

I governi oscurarono i documenti del Pentagono secondo cui era un conflitto che non si sarebbe vinto, eppure si continuò a mandare al macello i soldati americani. Spielberg, ma la libertà di espressione, oggi come nel 1971 all’epoca dei Pentagon Papers, è minacciata? «È un diritto che consente ai giornalisti di essere i veri guardiani della democrazia, una verità incontrovertibile che mi hanno insegnato da piccolo. C’è una minaccia reale e c’è una attinenza col 1971, quando Nixon, con un atto inaudito che non accadeva dalla guerra civile, cercò di negare la diffusione di quei documenti; ci volle la Corte Suprema per annullare il verdetto emesso dalla Corte d’appello». Che tipo di sostegno avete avuto dalla stampa Usa? «Ci sono state manifestazioni di supporto, la stampa deve respingere ogni giorno attacchi dell’amministrazione e lottano contro la disinformazione. Il Washington Post era un giornale di second’ordine, dopo il Washington Star e soprattutto il New York Times, il primo ad avviare l’inchiesta, ma poi fu costretto a smettere». «In effetti loro avrebbero preferito come titolo il New York Times», scherza Tom Hanks. Perché non aveva mai lavorato insieme con la Streep se non in un documentario? Meryl è elegante nella risposta: «Alle ragazze una volta si chiedeva se volessero ballare». E Tom: «Ho sempre fatto fatica a invitarle». Poi si fa serio, il direttore che interpreta «era competitivo, una bestia appassionata, l’idea che altri potessero avere una storia importante lo teneva sveglio la notte. Il senso della sfida guida il film».

«La sfida e il coraggio — interviene Meryl —, la donna poteva far fallire il giornale e finire, lei e tutti quanti, in prigione. Invece fu disposta a rischiare tutto, e pur non essendo consapevole della propria autorità disse: Pubblichiamo. Erano redazioni fatte di soli uomini, le donne al massimo facevano le segretarie. Il coraggio, lei lo imparò. Oggi non lo insegniamo abbastanza ai giovani». Quel coraggio che le donne hanno trovato, denunciando gli abusi sessuali. Perché per mettere in piedi un progetto contro gli abusi come Time’s Up? «Non lo sapremo mai ma una cosa la so: l’aria è cambiata e non solo nel cinema, ma al Congresso, nel mondo dell’industria, negli ambienti militari, in ogni posto di lavoro. Le donne hanno sempre lottato per affrontare questo problema, negli ospedali, ai ristoranti…Però solo quando è stata coinvolta Hollywood le cose sono cominciate a cambiare. Ci sarà qualche passo indietro ma si continua, la strada è tracciata, sono molto ottimista. Sono momenti molto interessanti». «La battaglia dei sessi c’è sempre stata — dice Spielberg —, le donne hanno mostrato forza per fuggire dallo stampo in cui le costringono a restare gli uomini. Nella Seconda Guerra mondiale, quando noi eravamo al fronte, loro capitanarono l’industria bellica e i cantieri navali. Poi i maschi tornarono a casa e le donne non hanno più avuto la possibilità di capitalizzare la leadership acquisita negli anni di guerra. E sono tornate in cucina. Il problema è degli uomini, che non hanno mai mostrato la volontà di riuscire a controllarsi, comportandosi in modo adeguato, accettando un “no” da parte di una donna. Mi auguro che il film possa ispirare le donne a trovare la loro voce, a dire: ora facciamo come dico io».

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