Milano, 8 ottobre 2017 - 22:42

Qualificazioni Mondiali Russia 2018. Messi e Ronaldo: sfide dentro o fuori

L'Argentina, il Portogallo e il rischio di saltare il Mondiale. Putin e gli sponsor sono già terrorizzati da una possibile doppia eliminazione

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Un paragone con altri sport non c’è, non ha senso. Forse un Wimbledon senza Federer, è che a Londra si gioca ogni estate: è diverso. Ci va più vicino lo scenario di un’Olimpiade senza Bolt, come peraltro sarà per forza a Tokyo 2020: ma Usain in Giappone non ci sarà perché smette, non perché non ce l’ha fatta a esserci. È diverso. No, un Mondiale senza Lionel Messi e Cristiano Ronaldo è oltre, è peggio, o meglio sarebbe peggio, perché non è ancora detto, perché entrambi hanno ancora in mano un paio di jolly, perché forse non succede. Ma se succede? Di certo fa impressione già solo l’idea che i migliori del pianeta, i due dittatori che si sono contesi gli ultimi 9 Palloni d’oro, siano arrivati a scommettere tutto sull’ultimissima giocata. Due giganti attraverso il buco della serratura: uno scherzo, pare. E invece.

Fa impressione. E fa riflettere su come stiano cambiando i rapporti di forza nel calcio. Omar Sivori sosteneva già 20 anni fa che «a forza di insegnare ai brocchi a giocare a pallone prima o poi loro diventeranno quelli bravi e noi i brocchi». L’antica profezia del mitico Cabezòn non è sufficiente a spiegare la situazione paradossale, però aiuta: le famigerate squadre materasso non esistono più, il livello delle piccole s’è alzato moltissimo e oggi, chiedere all’Italia, anche una Macedonia può essere difficile da digerire.

Ne sono una prova la sudata del Portogallo ad Andorra, dove è stato necessario costringere CR7 ad alzarsi dalla panchina e ad aggiustare il pomeriggio, e il tremendo 0-0 dell’Argentina a Buenos Aires col Perù. La prospettiva più delicate è proprio quella di Leo, che domani notte deve vincere in Ecuador per ottenere almeno lo spareggio con la Nuova Zelanda. «Ce la facciamo» fa il duro il c.t. Sampaoli, che però ha un guaio ulteriore perché si gioca a Quito, 2.850 metri sul livello del mare: mancherà l’aria, e non solo per l’ansia. Il Portogallo ha una palla match più pulita: se vince all’ultima domani in casa con la Svizzera, con qualunque risultato, acchiappa il pass diretto. Occhio però, la squadra di Petkovic, ex tecnico della Lazio, ne ha fatti 5 all’Ungheria. E se per ora è in testa, qualcosa significa.

Tremano le stelle, ma non solo loro. Perché oggi un campione non è solo un campione, è un’azienda. E se si considera che CR7 solo dagli sponsor incassa 35 milioni di euro annui, e la Pulce 27, è evidente come non si tratti di una questione solo privata, calcistica. C’è di più, soldi, potere, politica. A marzo la Russia ha alzato il budget per l’organizzazione a 10.8 miliardi di dollari, un fiume di rubli che nei piani di Putin rappresenta un investimento strategico cruciale.

Ma senza quei due?

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