Milano, 15 ottobre 2017 - 22:14

Blackout Juventus, Pjanic dovrà fare l’elettricista

I bianconeri e il rischio di essere «normali», Allegri prepara la doppia sfida allo Sporting Lisbona e sottolinea: «È la più importante»


Lotta e governo Miralem Pjanic, qui contro Messi al Camp Nou, rientra mercoledì contro lo Sporting Lisbona (Epa) Lotta e governo Miralem Pjanic, qui contro Messi al Camp Nou, rientra mercoledì contro lo Sporting Lisbona (Epa)
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«Abbiamo perso cinque punti in due partite. Ma è meglio così». Massimiliano Allegri l’ha detto sabato sera, quasi en passant. Ma perché è meglio così? Perché la Juve, non da adesso, deve prendere delle mazzate per plasmarsi nel carattere, nel modo di stare in campo e anche nella forma, intesa come assetto di gioco? Prevenire è meglio che curare, diceva la pubblicità. Ma il dottor Max ha già dimostrato di essere un buon medico e preferisce che i nodi emergano prima possibile. Ma la rimonta di due anni fa resta irripetibile, almeno nei numeri. Quindi per la sua Juve è meglio non esagerare con il ritardo in campionato. E tanto meno in Champions: la doppia sfida con lo Sporting Lisbona — andata mercoledì a Torino, ritorno, martedì 31 allo stadio Alvalade — è già decisiva «ed la più importante». Il rientro di Pjanic, soprattutto quello visto a inizio stagione, può portare un po’ di luce, ma rischia di non essere risolutivo.

Perché questa Juve sembra una squadra «normale»: appena si alza l’asticella (due volte con la Lazio, poi con Barcellona e anche l’Euro-Atalanta) ha perso o pareggiato e ha subito 10 gol sui 13 totali fin qui. Tantissimi per una squadra che sulla difesa ha costruito tutti i suoi successi degli ultimi 6 anni. I motivi? Il catalogo è questo. 1) La gestione della partita, dato che nel secondo tempo con Atalanta e Lazio la Juve si è fatta rimontare. Contro i biancocelesti il possesso è stato superiore nella ripresa, ma la Juve si è fatta rubar palla e colpire in verticale dalle mezzali di Inzaghi. Stesso copione a Bergamo. Il rientro di Pjanic può servire soprattutto a gestire tempi e modi di gioco.

2) Il calo è anche una questione di condizione. Allegri, che raramente si lamenta, ha ammesso di aver trovato alcuni giocatori scarichi dopo le partite fondamentali con le loro Nazionali. Ma perché Dybala, mai in campo con l’Argentina, giovedì al rientro «non si reggeva in piedi»? 3) La presunzione, citata dal tecnico ad agosto, sembra un altro fattore: i cali di tensione agonistica sono anche cali mentali. 4) Allegri chiede una squadra capace di «combattere tutti i giorni». Un appello quasi «contiano», per lui che ha sempre messo l’accento sulla gestione tecnica dei 90 minuti: servono cattiveria e killer instinct. 5) Gli equilibri tattici tra fase difensiva e offensiva saltano e non solo per la partenza di Bonucci. Ma per tutti i motivi precedenti. Tra assenze e gerarchie, la Juve è ancora un cantiere aperto. E le serve l’anima operaia per ricostruire una squadra solida.

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