Milano, 27 novembre 2017 - 19:24

Ecco l’attivista (anche dei 5Stelle) che ha aiutato la Lega sui social network

Il blogger David Puente ha individuato il nome dell’anello di congiunzione fra i pentastellati e il partito di Matteo Salvini di cui si parla nell’articolo del Nyt

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Marco Mignogna, campano, social media manager. Sarebbe lui l’anello di congiunzione fra i siti pro Movimento 5 Stelle e pro Lega cui fa riferimento l’articolo del New York Times di venerdì 24 novembre basato su uno studio dell’esperto italiano di sicurezza informatica Andrea Stroppa. Ad arrivare a nome e cognome dell’intestatario di una ventina di siti è stato il blogger ed ex Casaleggio Associati David Puente. Lo ricerca è partita dal portale info5stelle.info, collegato a una pagina Facebook riconducibile a Mignogna, di Afragola, Napoli. Grazie ai codici di Google Adsense e Analytics — lo stesso metodo usato da Stroppa — Puente ha individuato la connessione fra info5stelle.info e una serie di portali filorussi e le relative pagine Facebook da decine di migliaia di fan, fra i quali noiconsalvini.org, italyfortrump,info, iostoconputin.info e ilsudconsalvini.org. Mignogna ha inoltre utilizzato la mail con cui ha creato alcuni domini anche per dichiararsi attivista del Movimento 5 Stelle e per creare il sito Imprese5s.wordpress.com. Non solo, l’imprenditore campano ha fra le sue amicizie di Facebook il responsabile della comunicazione digitale di Matteo Salvini Luca Morisi, che nel 2015 gli ha dedicato un post lodando la sua attività online, oltre alla sindaca di Roma Virginia Raggi e il candidato premier dei pentastellati Luigi Di Maio. Insomma, come scrive oggi Stroppa sul suo profilo Facebook, sembrerebbe «non proprio un attivista indipendente, ma un personaggio con collegamenti con entrambi i vertici dei due partiti». E, a differenza di quanto dichiarato da Morisi dopo l’articolo della testata americana, Mignogna non sembrerebbe solo un sostenitore di uno o dell’altro partito che ha messo mani ai codici ma un profondo conoscitore delle dinamiche della Rete a fini propagandistici (ed economici, ovviamente). L’indagine di Puente risale a fine febbraio e, spiega Stroppa al Corriere, quando è stata effettuata quella poi citata dal New York Times « le tracce erano già state rimosse».

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