Questo Paese, spiega Beppe Grillo alla folla di piazza del Pantheon, «non ha gli anticorpi per difendere la democrazia. Hanno velocizzato i tempi del voto sulla legge elettorale, questi hanno la velocità degli scippatori». Poco dopo, il fondatore dei 5 Stelle dice di aver «consigliato la polizia di andare intorno al Senato e di accerchiarlo». Polizia evocata anche da Paola Taverna, che si dice «indignata» del fatto che «le forze dell’ordine proteggano loro mentre votano, dovrebbero salvare noi».
Alza il livello dello scontro il Movimento 5 Stelle, quando la partita del Rosatellum, la legge elettorale in via di approvazione, sembra persa. Si prova con il bagno di folla a rilanciare le consuete parole d’ordine, a cominciare da «onestà». Tutti bendati in piazza, compresi Grillo, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. La benda il senatore Stefano Lucidi la mette a mo’ di bandana, mentre Sergio Puglia si sgola in preda a una sorta di trance agonistica, con la folla che intona l’inno di Mameli.
La piazza sembra essere l’ultima arma del Movimento. Di Battista guarda in alto, al presidente Sergio Mattarella: «Faccia attenzione a firmare una seconda volta, dopo l’Italicum, una legge truffaldina e anticostituzionale». E per questo si discute animatamente dietro le quinte dei 5 Stelle se accerchiare domani un altro palazzo, ancora più delicato di quello del Senato: il Quirinale. L’idea viene subito bloccata dai parlamentari, a cominciare dai capigruppo. Troppo pericolosa, anche perché una manifestazione di massa contro il capo dello Stato sarebbe senza precedenti (proteste ci sono state in passato, ma ben più misurate) e avrebbe un sapore troppo forte per un Movimento che si candida a governare e che a quel presidente dovrà chiedere, se ce la farà, il mandato per farlo. Oggi se ne discuterà ancora e si cercherà di trovare una forma compatibile con il rispetto delle istituzioni (e della Digos, che non consentirebbe una protesta simile): tra le ipotesi, quella di un corteo che passi vicino al Quirinale.
Nel frattempo i senatori se la prendono con il presidente del Senato Pietro Grasso, immortalato nella gogna dello schermo gigante e subissato di fischi. Vito Crimi spiega di provare «un senso di vomito» verso le istituzioni e invita il presidente a «dimettersi immediatamente». Invito raccolto da diversi oratori. Grasso replica: «A volte è più difficile restare che andarsene. Ho rinunciato a candidarmi in Sicilia per continuare con senso delle istituzioni a espletare il mio compito».
Un altro presidente, questa volta emerito, Giorgio Napolitano, è oggetto di strali. Per Giorgio Sorial si atteggia a «re d’Italia». Dalla platea, un coro di «buffone buffone». Una voce dal fondo: «Impicchiamoli Beppe, viva la ghigliottina».Per il resto, ecco «Dibba» chiamare Renzi «ducetto e bulletto», la Taverna spiegare che Mussolini, «in confronto a questi era un pivello» e altri senatori dire che «presto manderemo il più grande vaffa della storia a questa gentaglia, a questi parassiti». Grillo, prima di lasciare la piazza, prova a vederla in positivo: «Che trucchino pure la legge elettorale, tanto vinceremo noi e la vittoria sarà tripla». Conclude il comico, che si sovrappone al politico: «Adesso andremo in Sicilia. E la minchia sia con voi».