27 febbraio 2018 - 12:12

Torino, la prof che insulta i poliziotti: «Dovete morire». Renzi: va licenziata»

L’auspicio di Matteo Renzi. Una mamma della scuola: urla sempre anche con i bimbi. Lei: «Triste augurare la morte ai poliziotti, ma non è sbagliato: loro stanno proteggendo i fascisti, e potrei trovarmi a doverli combattere»

di Paolo Coccorese e Giusi Fasano

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Claudia è la mamma di un alunno dell’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Torino, la stessa scuola della maestra che la sera del corteo antifascista contro CasaPound urlava ai poliziotti «vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire».

«Mio figlio è alle medie — racconta Claudia — e sentiva le urla arrivare dal piano delle elementari, di sotto, dove c’era lei. Gridava sempre e i bambini erano terrorizzati, finché un papà si è arrabbiato e allora finalmente l’hanno tolta dalla seconda B e adesso non so bene che cosa faccia...».

Fa ore di compresenza in una quinta classe, Lavinia Flavia Cassaro, la maestra che Matteo Renzi vorrebbe «licenziata su due piedi» dopo aver visto il servizio mandato in onda da Matrix domenica sera. In quel servizio lei, classe 1980, non soltanto augurava la morte agli agenti ma alle obiezioni del giornalista che le ricordava con disappunto il suo ruolo da insegnante e le diceva «è triste augurare a qualcuno di morire» ha risposto che «è triste sì, ma non è sbagliato, perché loro stanno proteggendo i fascisti e un giorno potrei trovarmi fucile in mano a combattere contro questi individui».

Legata al centro sociale Gabrio, ai No Tav, ai No Muos e, più in generale, all’aerea dell’antagonismo torinese, questa ragazza che si sgola a ogni corteo per far arrivare i suoi improperi a carabinieri o poliziotti, è un nome già annotato più volte dagli agenti della Digos. Più o meno sempre per lo stesso motivo: gli oltraggi urlati dal fronte dei manifestanti della prima linea.


Le immagini che pubblica sui suoi profili social
mostrano striscioni e bandiere contro l’Alta velocità ma anche dimostranti in cortei vari o la A cerchiata dell’anarchia. In una fotografia che ha postato su Facebook la si vede d’estate, su un palco, davanti al microfono a cantare accanto (fra gli altri) a Maura Paoli, consigliere comunale torinese dei Cinque Stelle.

Ieri il ministero dell’Istruzione ha aperto il «caso Cassaro» chiedendo all’Ufficio scolastico regionale una relazione per valutare un eventuale provvedimento disciplinare contro la maestra. Non perché Renzi abbia chiesto la sua testa e, tutto sommato, nemmeno per l’inopportunità di dichiararsi insegnante mentre urlava di tutto e di più verso i poliziotti. Nella sua vita privata — è stata la prima valutazione — è libera di partecipare ai cortei che vuole e nei toni che preferisce. Ma certo era impossibile, dopo l’esplosione del caso, non farsi domande sulla sua capacità di mantenere la calma o di capire le necessità di bambini così piccoli.


È bastato un breve giro di telefonate per capire
che anche nella sua scuola — l’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci, periferia nord della città — si erano già posti le stesse questioni anche prima del corteo nel quale ha urlato insulti contro la polizia. Soprattutto in queste ultime settimane.

Un gruppo di genitori della classe seconda B, la sua classe, avrebbe chiesto e ottenuto dal preside un incontro con la maestra per lamentarsi dei suoi metodi educativi, delle sue sfuriate con i bambini che tornavano a casa impauriti e della sua «facilità nel perdere la pazienza».

Claudia — la mamma dello studente che dalla classe del piano di sopra la sentiva gridare — rivela episodi anche più gravi: «Un bambino lasciato fuori, un altro sbattuto contro una panca in palestra». Racconti da una scuola che in passato si è guadagnata più volte l’attenzione della cronaca per gravi episodi di violenza e dove però gli insegnanti stanno cercando faticosamente di invertire la rotta con mille corsi e progetti per i ragazzi più difficili.

I genitori della classe di Lavinia Cassaro dicono che non la volevano e che le loro rimostranze avrebbero convinto il preside ad affidarle un altro gruppo di bambini, più grandi e in compresenza con una seconda insegnante.

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