“La ballata delle balate”. Vincenzo Pirrotta incontra gli studenti nel Teatro d’Ateneo dell’Università degli Studi di Salerno

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Il regista e attore Vincenzo Pirrotta (Palermo, 1971) incontrerà gli studenti nel Teatro d’Ateneo dell’Università degli Studi di Salerno, in un evento unico, ideato e curato dalla Professoressa Antonia Lezza, Docente di Letteratura Italiana e Letteratura Teatrale Italiana, Facoltà di Beni Culturali. L’opera che l’autore siciliano porterà in scena, il 10 Aprile alle ore 10: 30 (per SUD, la Rassegna Teatro, Musica, Cinema, arte e Danza), è “La ballata delle balate” (2006), un cunto in prosa e in versi di un boss, una magarìa, un’elegia sulla Sicilia che rinnova il legame viscerale con la sua isola, dipinta con tinte arcaiche e popolari, con il chiarosuro inconfondibile di ombre e di luci della sua amata, quanto sofferta, sicilitudine.1
Formatosi all’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa e allievo del maestro Mimmo Cuticchio, erede diretto e attento interprete della tradizione palermitana dell’Opera dei pupi, Vincenzo Pirrotta s’impone nel panorama del teatro contemporaneo per la potenza del suo corpo-voce e la forza della sua scrittura visionaria che ne fanno uno dei più grandi atto-autori di una drammaturgia capace di rinnovare le consuete dinamiche del modello attore-autore e di consolidare processi di ibridazione fra linguaggi e culture diverse, come il mito greco con gli inconfondibili echi della Sicilia dei cuntisti, della Sicilia di Omero, dei tragici greci, Pirandello e Consolo soprattutto.

2“La ballata delle ballate – come spiega Pirrotta – è il racconto di un uomo, di un latitante, che nel suo covo recita un rosario dove i misteri dolorosi sono quelli della passione di Cristo, e i misteri gioiosi (misteri di stato) sono quelli delle 5000 vittime di cosa nostra. In un delirio dove si incontrano misticismo e violenza vorrei creare il contrasto tra la parola di Dio che il latitante professa e la brutale parola della mafia che invece mette in pratica. Tutto senza ricorrere a immagini stereotipate, ma tentando di scrivere una pieces, una ballata, dove la poesia, la ricerca della musicalità, vorrebbero essere il filo rosso di questo canto di colpa e di “non espiazione”.
L’opera è compresa nel corpus di opere pubblicate dall’autore siciliano che annovera anche “All’ombra della collina” (2001), la messa in scena di un agone tra modelli educativi precostituiti e altri percorsi di crescita, un itinerario come quello di Dante per i gironi dell’inferno, con Pasolini a fare il Virgilio. “Malaluna” (2004) un’ode a Palermo, un’elegia poetica, senza retorica, sui lati oscuri e malavitosi della città. “La grazia dell’angelo” (2008) è un breve componimento nato come epilogo di uno spettacolo su Napoli: la città è metafora dell’immobilismo delle città del Sud. Infine “Sacre-stie” (2010) un atto d’accusa contro la tragica vicenda della pedofilia nella chiesa cattolica.

Carmela Lucia

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