"Difendere il popolo è ancora attuale". 110 anni di cambiamenti per la difesa

Compie 110 anni il settimanale diocesano di Padova, La Difesa del Popolo, e si rinnova nella grafica e nei contenuti. L’occasione per la presentazione del nuovo giornale è stato sabato 27 gennaio il tradizionale appuntamento del vescovo Claudio Cipolla con l’informazione locale, a ridosso della ricorrenza di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio). All'appuntamento ha preso parte anche Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che proprio nel 2018 celebra i suoi primi 50 anni.

"Difendere il popolo è ancora attuale". 110 anni di cambiamenti per la difesa

“Sono stati 110 anni di cambiamento radicale e sempre più veloce. La Difesa ha accompagnato, come voce che richiamava all’unità, cristiani e comunità. In tanti lo hanno letto cercando di capire dove andava la Chiesa, che cosa diceva o pensava, perché anche un giornale è servizio di comunione, una voce che può servire la comunione tra persone che vivono un territorio e che spesso sono unite dalla stessa fede cristiana”.

Il ruolo del settimanale diocesano nel fare comunione viene sottolineato dal vescovo Cipolla:

Vogliamo oggi rilanciarlo per servire la comunione e l’unità per cui preghiamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia. Per dire che è possibile ancora, anche in un nuovo contesto culturale, parlare di fraternità, di pace, di giustizia, di spiritualità, di fedeltà, di amore, immaginare la nostra comunità parte di persone che tra di loro sanno incontrarsi, dialogare e volersi bene. Su questo versante controcorrente stiamo camminando, circondati da una cultura individualistica che quando parliamo di fraternità pensa che sia una proposta irrealizzabile. La Difesa ci accompagna invece, insieme a tutti gli altri strumenti di comunicazione, nel realizzare tutte queste cose belle ma che non fanno notizia”.

Se La Difesa del popolo compie 110 anni, ne fa invece 50 Avvenire, nato nel 1968 su spinta di papa Paolo VI: lo ricorda il direttore, Marco Tarquinio. “Un tempo le notizie avevano una data e un luogo; ora no, viviamo in una nuvola di confusione, di bufale, che si costruiscono a partire dalle mezze verità usate spesso contro la verità stessa”, dice Tarquinio. E continua: “Nel nostro tempo di tanti canali informativi a disposizione, di fronte alla platea sconfinata, il rischio di noi giornalisti è perdere il faccia a faccia, la relazione su cui si fonda la verità. La verità abita non solo dentro i fatti, ma nei volti delle persone che ne sono toccate”.

“La relazione fondante del nostro mestiere – prosegue Tarquinio – è quella con i fatti e con le persone di cui scriviamo e cui mettiamo in mano il nostro prodotto, che si rivolgono a noi chiedendoci informazione qualificata perché attendibile dentro il mare magnum che circola. È una sfida enorme: ma avremo ancora spazio solo se, tra tanti pozzi di acqua fangosa e avvelenata che esistono, sapremo essere guardiani dei pozzi di acqua potabile. Nel senso di custodi e non di padroni, garanti cioè che acqua limpida e bevibile arrivi alle persone che cercano notizie che aiutino a capire verso quale mondo stiamo andando, quale società e quale Chiesa stiamo costruendo. Se non facciamo una verifica delle notizie, che senso ha il nostro mestiere? Saremmo dei megafoni: perché qualcuno dovrebbe fidarsi di noi?”.

“La storia del nostro settimanale – ha raccontato Guglielmo Frezza, direttore de La Difesa del Popolo – nasce nel gennaio 1908. Il vescovo Pellizzo lo volle per contrastare i rischi di deriva morale che il mondo cattolico vedeva allora in atto. L’intento a “difendere” il popolo non ha perso nulla della sua attualità, né per gli aspetti etici e culturali, né se si guarda agli esempi del mondo sociopolitico attuale”.

Il nuovo settimanale parte però da un rinnovo nella grafica, con caratteri più grandi e un più spazioso equilibrio tra testo e immagini. “Si trattava di ripensare il giornale per camminare al passo con il nostro tempo, ma anche per offrire il piacere di un’esperienza di lettura distesa e rilassata. È leggibile, ora, anche sui tablet. Non significa restringere a una manciata di righe anche i temi importanti, ma di far riflettere senza abbattere il lettore con una colata di inchiostro”. Sul fronte contenuti, la nuova Difesa darà molto spazio alle storie e alle esperienze da condividere.

“Non è vero che tutto va male – continua Frezza – e condividere è il modo migliore di sentirsi parte di una comunità”.

Non c’è poi solo la carta: “Siamo anche sul web, non per seguire mode e fare like, ma perché lì c’è un pubblico diverso dalla carta al quale siamo chiamati a dire la vita buona del Vangelo. Questo cambia il nostro modo di lavorare: se prima si cercava di essere un quotidiano che esce una volta alla settimana, ora si esce ogni giorno sul web e poi sul settimanale cartaceo. È un passaggio ineludibile per l’oggi e per il guardare al futuro”.

“Un giornale non sostituisce il ministero di comunione e unità affidato alle persone, ma non c’è comunione senza comunicazione e anche il settimanale può essere un ulteriore ponte tra la diocesi e la gente, il territorio, le comunità; un canale di incontro e di confronto”. Ha scritto mons. Claudio Cipolla nel messaggio per i 110 anni di pubblicazioni del settimanale diocesano “la Difesa del popolo”. Evento accompagnato anche da una rivisitazione grafica ed editoriale del giornale definito “testimonianza di vita ecclesiale vissuta”.

Numero dopo numero – ha aggiunto -siamo stati aiutati a leggere il contributo che ‘la Difesa del popolo’ ha offerto alle nostre comunità parrocchiali, alle associazioni, al territorio: contributo di riflessione, di promozione di sensibilità sociali e culturali, talvolta anche politiche, di comunione nella chiesa tra le parrocchie e la diocesi e spesso tra la diocesi e il territorio”. Un periodo lungo di “cambiamento radicale” e “sempre più veloce”. Dal vescovo un invito preciso al settimanale diocesano per il futuro: “Raccontare che è possibile ancora parlare di fraternità, di pace, di giustizia, di spiritualità, di fedeltà, di amore. Questo è lo sguardo profondo che la Chiesa difende”. Nelle parole del presule il racconto di una “voce che richiamava all’unità, cristiani e comunità”. “In tanti hanno letto cercando di capire dove andava la Chiesa, che cosa diceva o pensava, perché anche un giornale è servizio di comunione, una voce che può servire la comunione tra persone che vivono un territorio e che spesso sono unite dalla stessa fede cristiana”.

Il vescovo, infine, ha ricordato che “la comunione nella Chiesa non può restare soltanto un sentimento, un’ispirazione: ha bisogno di strumenti, di storie, di tentativi. Per 110 anni ‘la Difesa del popolo’ ha aiutato. Ora vogliamo rilanciarla per servire la comunione e l’unità per cui preghiamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia”.

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Fonte: Sir