Il Serpente Prudente

N. 43 (30/10/2017)

“Giuda”

Da poco ho finito di leggere un bel romanzo di Sebastiano Vassalli, dal titolo L’ora del lupo, una rilettura “laica” della Passione di Gesù, narrata in buona parte dal punto di vista di Giuda. Un uomo sul quale, in due millenni, se ne sono dette di tutti i colori, tanto che la sua figura e la sua condotta hanno il valore di un dispregiativo sinonimo di traditore.

Resta comunque fermo che l’Iscariota – ish Kariot, cioè l’“uomo di Kariot”, ma il nome potrebbe anche derivare dal persiano isk arioth, ovvero “colui che è utile”; leziosa è l’ipotesi che collega l’etimologia del nome a ekariot che in aramaico identificava i sicari affiliati al gruppo degli zeloti più oltranzisti – è un personaggio di fondamentale importanza per gli eventi legati al piano di salvezza e redenzione sotteso alla venuta e morte di Gesù.

Innanzitutto, Giuda fu scelto da Gesù tra i dodici apostoli, per cui al pari degli altri undici fu un “chiamato”. Su questo i tre vangeli sinottici concordano con precisione. Un po’ meno chiare sono le ragioni sottese al cosiddetto “tradimento”. A leggere Marco (14, 3-9), Giuda va dai sommi sacerdoti, promettendo loro di consegnargli Gesù, subito dopo l’episodio di Betania in cui una donna versò dell’olio prezioso sul capo di Gesù (cosa che desta scandalo tra gli apostoli). Pure Matteo (26, 14-16) sembra far dipendere il tradimento da una forma di invidia o gelosia per lo spreco dell’olio prezioso, al punto che con maggior precisione del primo evangelista, egli ci informa pure del prezzo pattuito (i famosi trenta denari).

Luca, dal canto suo, non fa alcun riferimento ai fatti di Betania, proponendo una lettura più “trascendentale”: Giuda diviene Satana – colui che divide, colui che fa da inciampo, e tradisce Gesù.

Giovanni – non dimentichiamoci che era giovanissimo all’epoca dai fatti che poi mette per iscritto e che li ha visti con i suoi occhi – è concorde con Marco e Matteo sull’episodio di Betania, identificando la donna con Maria, sorella di Lazzaro, ed esplicitando che Giuda fosse un ladro. Tuttavia, anche il quarto vangelo indica in Satana l’istigatore del tradimento. Anzi, Gesù glielo dice proprio chiaramente: «Quello che devi fare, fallo al più presto».

Come va a finire lo sappiamo tutti: dopo la cena, Giuda arriva con una piccola folla, indica Gesù con un bacio, e lo consegna alle guardie (tradire in latino è termine giuridico che sta appunto consegnare, dare all’acquirente qualcosa che ha comprato). Poi, Giuda si pente, vuole riportare il compenso ai sacerdoti, e si impicca.

Ma, anche sulla morte di Giuda le versioni non sono concordi. Matteo, mettendo in relazione la morte di Giuda con una profezia di Geremia, racconta che egli si pentì del proprio tradimento, gettò via il denaro e si uccise. Luca – negli Atti degli apostoli – ne fa raccontare la vicenda da Pietro, il quale parlando ad una folla dice che Giuda aveva avuto in sorte lo stesso ministero degli altri undici. Con i soldi ricevuti dai sommi sacerdoti aveva comprato un terreno, sul quale, cadendo morì squarciandosi.

Fin qui i testi canonici, dai quali apprendiamo che Giuda era a tutti gli effetti un apostolo; consegnò Gesù ai sacerdoti; probabilmente si pentì di quello che aveva fatto ed ebbe chiara la percezione di aver tradito sangue innocente.

Cose interessanti, però, ce le raccontano anche altre fonti. Innanzitutto, il “Vangelo di Giuda”, un apocrifo databile alla metà del II sec. d. C.. In questa opera, il tradimento viene motivato come un atto di obbedienza. Inoltre, dal momento che il sacrificio di Gesù è la chiave della redenzione, Giuda, favorendo quel sacrificio, viene descritto come un personaggio positivo, tanto che gli altri apostoli lo invidiano e lo maledicono, e alla fine lo uccidono lapidandolo.

In un altro vangelo apocrifo, attribuito a Barnaba, si giunge ad una conclusione inaspettata: fu Giuda e non Gesù ad essere processato e crocifisso. Quando Giuda va con le guardie per arrestare Gesù, Dio muta le sembianze del traditore in modo che siano uguali a quelle del ricercato, tanto che le guardie lo catturano e lo portano dinanzi al tribunale.

Diversamente, Papia di Ierapoli (II sec.) racconta che Giuda, dopo aver consegnato Gesù, fu costretto ad una vita di vagabondaggio. Il suo corpo divenne gonfio e obeso, e finì per essere travolto da un carro.

Tutti questi racconti hanno fatto sorgere una serie di ipotesi teologiche e filosofiche, sulle quali bisognerebbe interrogarsi. Infatti, i vangeli canonici avvalorano la tesi che Gesù fosse perfettamente a conoscenza del tradimento di Giuda e che lo lasciò fare per adempiere le scritture; l’apocrifo vangelo di Giuda si spinge a registrare una specie di accordo tra traditore e tradito. Soprattutto le sette gnostiche hanno sottolineato l’apparente contraddizione dei fatti, perché: o Gesù non riuscì a prevedere (o almeno ad impedire) il tradimento di Giuda, o egli vi acconsentì e dunque Giuda preventivamente informato del destino di Gesù.

Tuttavia le cose non sono così semplici come sembrano. Infatti, se il tradimento di Giuda era qualcosa di “programmato” (anzi addirittura ci fu un “accordo”), egli non sarebbe dotato di libero arbitrio come tutti gli altri essere umani. Di conseguenza, se egli ha agito “per destino”, non poteva fare diversamente e quindi la sua qualifica di “traditore” (e la sua punizione) sono del tutto ingiustificate.

Ancora: se Giuda è stato punito per un tradimento, che in realtà era un elemento indispensabile per la morte di Gesù (e quindi per la salvezza dell’umanità), egli è stato punito per salvare tutti gli altri. Di conseguenza, se Gesù, dopo la passione e morte è asceso al cielo, mentre Giuda – morto presumibilmente suicida – è finito tra i dannati, il suo sacrificio è stato maggiore di quello di Gesù, e quindi il suo ruolo nella salvezza più gravoso!

Tuttavia, a tutte queste elucubrazioni teologico-filosofiche che hanno tenuto banco per secoli, si può ribattere con considerazioni più semplice. Innanzitutto, Giuda non fu né migliore né peggiore degli altri: basti pensare a ciò che fece Pietro prima del canto del gallo.

In secondo luogo, Giuda era un apostolo come tutti e soprattutto un uomo come tutti, dotato di libero arbitrio. Infatti, non vi è alcuna reale certezza sul fatto che Giuda sia morto di propria mano (benché il suicidio sarebbe la più lampante dimostrazione del suo libero arbitrio), mentre è scritto che egli “si pentì”: il pentimento implica una scelta libera e non condizionata.

Che Giuda sia stato punito e dannato è ipotesi valida tanto quanto quella che egli si sia comunque salvato. Infatti, poco prima di morire, Gesù chiede il perdono per coloro che avevano contribuito alla sua morte, poiché «non sanno quello che fanno». Perciò, anche se ammettessimo l’ipotesi che Giuda abbia agito non per libera scelta, ma perché col suo tradimento il progetto di salvezza si sarebbe compiuto, egli sarebbe comunque stato perdonato, perché attore inconsapevole di un progetto trascendentale.

Ed infine, il piano di salvezza ben poteva prescindere dal tradimento di Giuda: i sommi sacerdoti erano talmente accecati dalla voglia di eliminare Gesù, che avrebbero comunque disatteso (come in effetti fecero) qualsiasi regola morale e giuridica pur di farlo fuori.

Quindi, anche senza Giuda, le cose con ogni probabilità non sarebbero andate tanto diversamente, ma non perché il destino era scritto, ma semplicemente perché ogni potente che si voglia dire tale o in un modo o in un altro trova sempre qualcuno che, consapevolmente o meno, collabora con lui per eliminare ogni forma di opposizione o ogni ostacolo all’esercizio del suo potere.

Vincenzo Ruggiero Perrino

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