Il Vescovo incontra i Consigli Parrocchiali

Nella Zona pastorale di Cassino Consigli pastorali parrocchiali e Consigli per gli affari economici si confrontano con il Vescovo, Mons. Gerardo Antonazzo

Le parrocchie della Zona pastorale di Cassino sono state tutte visitate nelle ultime settimane dalla Madonna di Fatima Pellegrina, e negli ultimi 12 giorni i consigli parrocchiali di molte di esse (finora Caira, S. Maria della Valle, Chiesa Madre, S. Angelo in Theodice, S. Antonino, S. Bartolomeo e S. Antonio) si sono riuniti alla presenza del Vescovo, Mons. Gerardo Antonazzo. Egli ha cominciato a compiere un “giro di orizzonte” per incontrare, conoscere più da vicino, ascoltare, ma anche per incoraggiare, spronare, proporre idee e iniziative pastorali, sensibilizzare, affinché ogni comunità parrocchiale sviluppi appieno le sue potenzialità, certo adeguate e commisurate all’ambiente, alla situazione, alle persone e alle risorse, ma pronte ad andare oltre, ad “uscire” come ama dire Papa Francesco.

Si è trattato, come Mons. Gerardo ha sempre detto in apertura dopo la preghiera iniziale, di un momento familiare, senza un preciso ordine del giorno, ma con l’intento di vedere i volti delle persone che si prendono la responsabilità di lavorare nella chiesa e nella guida pastorale della Parrocchia. Questo è il significato del Consiglio pastorale parrocchiale e del Consiglio per gli affari economici, riuniti insieme per l’occasione. Dobbiamo ricordare, ha detto il Vescovo, che la Parrocchia non è il parroco o il vescovo. Nonostante siano trascorsi 50 anni dal Concilio Vaticano II, si fa ancora fatica a cambiare mentalità e a comprendere che la Chiesa è il popolo di Dio e che, in una logica comunionale se si condivide l’appartenenza ci si può rendere corresponsabili a servizio della comunità. Questo è ben più di “collaborare”! S. Agostino diceva: Con voi, condividendo la grazia del battesimo, sono cristiano, per voi sono vescovo, presbitero, catechista… dove il “per” sta per “servizio”.

Perché una parrocchia funzioni bene, non si deve seguire il clericalismo: il prete che vuol fare tutto da solo o i laici che vogliono fare quello che tocca al prete. E’ un ballo come il tango, riguarda due categorie di persone, il prete e i laici. Il prete deve essere la guida, i consiglieri esprimono tutta la comunità. Secondo lo statuto, ha chiarito il Vescovo, il compito del Consiglio pastorale è l’evangelizzazione e di recente il Papa a Cesena ha detto che l’evangelizzazione è più efficace quando è attuata “dalle componenti ecclesiali”. Si deve passare dalla collaborazione alla corresponsabilità, ognuno deve sentire che la vita della comunità dipende anche da lui, sia portando avanti il lavoro all’interno della comunità cristiana sia, davanti alle sfide pastorali e sociali, nella ricerca coraggiosa anche di forme nuove di cooperazione, di presenze nuove della Chiesa sul territorio. Il Consiglio per gli affari economici è di supporto sul piano concreto delle strutture, delle utenze, delle iniziative. E’ bene che i Consigli parrocchiali redigano un verbale per ogni riunione, questo non solo ne fa la storia, ma stimola a non perdere di vista le proposte e i propositi fatti e quindi a lavorare meglio tutti insieme.

Il Consiglio si compone di Parroco, vicario se c’è, responsabili della catechesi, liturgia e carità (questi sono membri di diritto), pastorale giovanile, coppie di coniugi, Presidente di Ac se c’è, responsabili di altre associazioni. Inoltre possono essere nominati dal Parroco altri fedeli che godono di stima e prestigio nella comunità. Spetta al Parroco individuare le modalità nel coinvolgere la comunità nell’individuare tali persone, per rappresentare il più possibile la comunità cristiana, che non è fatta solo di coloro che vengono in chiesa. E’ bene allargare le porte della comunità, ha detto. Rispetto al numero complessivo, questi altri fedeli debbono essere 1/3 rispetto al totale: sono antenne importanti nel territorio, ci fanno capire quello che gli altri pensano di noi. Non è importante se è vero e giusto, l’importante è coinvolgere le persone.

Ed è cominciato il lancio di idee da parte del Vescovo: una volta l’anno si potrebbe fare un’Assemblea parrocchiale aperta a tutti e lì dire poche cose su cui tutti possano esprimersi. Oggi, è vero, il senso della partecipazione è molto sceso. Si potrebbe pensare: ma non verranno, ma incominciando, pian piano si crea la mentalità.

Un altro esempio portato da Mons. Gerardo: “altri” possono essere quelli che vivono nelle zone rurali, perché non basta partecipare alle feste patronali, queste debbono essere trampolino di lancio per l’evangelizzazione, occorre che la vita ordinaria sia ordinata in senso cristiano. Per la peregrinatio della Madonna di Fatima, il vescovo ha raccomandato ai parroci di far stare la statua il meno possibile in chiesa, ma di portarla nelle periferie. Le iniziative debbono essere dentro la pastorale ordinaria. Le difficoltà ci sono (possono essere la mancanza di strutture idonee, per es.), ma l’importante è la condizione delle famiglie dal punto di vista sociale, economico, affettivo e cristiano. Non possiamo più lavorare solo con i bambini. Diminuiscono le nascite: fra 50 anni magari non ci chiederanno neanche più il Battesimo, e di coloro che oggi vengono in chiesa, quanti ce ne saranno?

Ecco, raccomanda mons. Gerardo, allora occorre investire le energie della parrocchia nella famiglia, senza dismettere nulla di quello che si sta facendo, ma dedicandosi particolarmente alla famiglia. Si può cominciare con i genitori dei ragazzi della catechesi, incontrarli, ascoltarli ed evangelizzare le loro domande e richieste valorizzandole. E’ vero che quando si vogliono fare incontri con “i genitori” spesso vengono solo le mamme (“vedove di mariti vivi”), ma per l’evangelizzazione delle famiglie bisogna ripartire dalle coppie, strutturare una pastorale sistematica con le coppie disponibili, senza preoccuparsi dei grandi numeri, ma cominciando con pochi. E’ iniziata l’esperienza delle coppie delle parrocchie che deve andare avanti.

Ancora: dopo la Cresima proporre ai ragazzi non lezioni dottrinali astratte, ma l’educazione all’amore e all’affettività. Preparare itinerari nuovi di educazione all’amore per le coppie che hanno un rapporto stabile partendo da lontano, non nel periodo immediatamente precedente il matrimonio.

Il Vescovo ha molto ascoltato e osservato, ma ha anche ricordato, sottolineato, suggerito e proposto, per stimolare una nuova responsabilità laicale e una nuova ed efficace cooperazione all’interno della comunità. Certamente ogni parrocchia ha un suo profilo, non sono tutte uguali, qualcuna sarà più statica e timorosa, qualche altra sarà una “fucina di esperimenti pastorali”, ma poiché i tempi mutano e sono divenuti molto complessi ponendo sfide inedite e impegnative, i cristiani non debbono eluderle ma affrontarle, con uno stile di condivisione e comunione. Dipende da ciascuno e da tutti.

Adriana Letta

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