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Gli studenti della ‘Sapienza’ a Medici senza frontiere: “Consapevoli e pronti a partire”

Con la presidente Liu, alla facoltà di Medicina

Pubblicato:30-01-2018 17:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:25

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ROMA –  “Il volontariato? E’ una cosa importante, ma non è nulla senza consapevolezza”. Ha le idee chiare Noemi, 27 anni, studentessa in medicina, oggi presente a un incontro all’università ‘Sapienza’ di Roma sul rapporto tra salute e sicurezza globale a cui è intervenuta il presidente internazionale di Medici senza frontiere (Msf), Joanne Liu.

Una platea di ragazzi curiosi ha seguito la panoramica che Liu ha tracciato dell’attività di Msf in 70 Paesi, in cui non sono stati omessi i rischi che lo staff di volontari incontra – dagli attacchi diretti agli ospedali, al coinvolgimento psicologico laddove si interviene in aree di crisi.

Ma Noemi, assieme al collega Alessandro, di tre anni più giovane, già lavora in un ambulatorio per migranti: “Sì, ce la sentiamo di partire, ma con più consapevolezza – spiega alla Dire-. La passione va bene, ma non basta: più che essere, bisogna saper fare, senza autocelebrazioni. La solidarietà non è questo”.


L’opinione di Raffaella, 19 anni, primo anno in Infermieristica

D’accordo con lei è Raffaella, 19 anni, primo anno in Infermieristica: “La medicina esige di aiutare il prossimo. Ecco perché sono qui: l’argomento di oggi mi tocca particolarmente”. Partirai? “Sì, ci sto pensando. Mi piace quello che Msf fa, anche coi migranti. E’ molto duro, ma anche questo fa parte della missione di un medico”.

La posizione di Ali, un iraniano di 20 anni

Nell’Auditorium della Prima clinica medica del Policlinico incontriamo anche Ali, un iraniano di 20 anni, che frequenta il corso di medicina in lingua inglese: “Sono qui perché voglio capire di più le difficoltà che affronta Msf nei vari contesti. Mi piacerebbe lavorare con loro, come no!”, dice in un perfetto italiano. Anche Ali torna subito al tema dei migranti: “Sono persone che affrontano tante difficoltà, e come praticanti in medicina dobbiamo esserne consapevoli, e fornire aiuto se necessario”.

Parla Achille, 26 anni

Positivo quindi per Achille, 26 anni, il giudizio sull’appuntamento di oggi: “È importante parlare non tanto di umanitarismo quanto di medicina solidale e giustizia sociale, soprattutto nelle università, perché credo che gli atenei non prendano abbastanza posizione rispetto a ciò che accade. Penso ad esempio al fatto che l’Italia è uno dei principali fornitori di armi all’Arabia Saudita, che le impiega poi nella guerra in Yemen. Ma anche da noi molte cose non vanno. Negli ambulatori per migranti, ad esempio, il servizio che si offre si fa sempre più speciale piuttosto che essenziale”.

Infine Ludovica, 19 anni, matricola di Medicina

“Mi piace l’idea di mettere gratuitamente a disposizione degli altri ciò che abbiamo studiato- spiega Ludovica-. Sì, mi piacerebbe partire, impegni accademici permettendo. Lo farei per arricchire me stessa, poi è inevitabile che gli altri vedano la bellezza di quello che fai e ne vengano contagiati”.

Liu (Msf): “In Siria bombardano anche gli ospedali, è guerra totale” 

“Ciò che è successo ieri ad Idlib è effetto della ‘total war‘, ‘le guerre ‘totali’ che trasformano anche le strutture mediche in obiettivi. Eppure anche in guerra vale il principio secondo cui ‘il medico del mio nemico non è mio nemico’. Il paziente, che si tratti di un combattente o di un civile, ha diritto alle cure. Esistono delle regole insomma, che saranno anche banali, ma vanno rispettate”. E’ questo il messaggio che Joanne Liu, direttore internazionale di Medici senza frontiere, consegna ai futuri medici della Sapienza, in un incontro organizzato dalla facoltà mediche dell’ateneo di Roma sul rapporto tra sicurezza e salute globale.

Il suo intervento arriva all’indomani dell’ennesimo bombardamento contro un ospedale in Siria. L’Onu, ricorda l’esperta alla platea di studenti, è intervenuta nel 2016 con una risoluzione di condanna, in un momento in cui episodi di questo tipo non cessavano di accadere. Nonostante questo, “ancora si verificano”.

Entrando più nel vivo del tema dell’incontro, Liu sottolinea: “E’ irrealistico pensare che le guerre, i conflitti e la povertà non abbiano un impatto negativo anche sulla salute globale”. Un effetto evidente sono le epidemie, come quelle di colera in Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, ma soprattutto in Yemen, “la più grave, con un milione di casi confermati. E si sta diffondendo rapidamente anche la difterite. Questo accade – prosegue Liu – perché il conflitto ha indebolito le strutture igienico-sanitarie e distrutto oltre il 60% degli ospedali e delle cliniche mediche”.

Caro ad Msf è il tema dei migranti, dalla rotta del Mediterraneo centrale alla crisi dei Rohingya nel Golfo del Bengala: “Nessuno si lascia tutto alle spalle se non ha una buona ragione”, sottolinea Liu, anche qui per ribadire il rapporto esistente tra sicurezza e quindi salute. A tutte queste sfide, spiega la presidente di Msf, “devono rispondere i governi, rifiutando ad esempio di ergere muri e rimandare indietro le persone”. Inoltre, per Liu è importante “che investano di più nella ricerca, soprattutto per trovare cure e vaccini” a malattie come ebola o Hiv, e per “evitare una certa ‘privatizzazione della salute’, che rischia di ostacolare l’accesso universale alle cure. Ogni anno quasi due milioni di persone muoiono di tubercolosi, e non è un caso che avvenga nei Paesi più poveri”.
Al contempo, secondo il capo di Msf la società civile deve farsi sentire, “chiedendo ai governi che elegge di cambiare strategia, affinché certe cose non accadano. Voi giovani – questo l’appello – dovete fare meglio di noi, se volete consegnare un futuro ai vostri figli”. 
“La salute globale è un tema cruciale: non si può pensare di curare le persone, se non lo si fa ovunque”, aggiunge Sebastiano Filetti, a capo della facoltà di Medicina e odontoiatria, tra i promotori dell’incontro. “E’ questa consapevolezza che cerco di insegnare ai miei studenti, ed è ciò che plasma il futuro della medicina”.

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